Maxi-furto in gioielleria: diamanti per 1 milione

Un colpo da manuale, studiato nei minimi dettagli che ha consentito a un terzetto di navigati lestofanti di rubare un paio di solitari da mezzo milione l’uno alla gioielleria Pasquale Bruni

Un colpo da manuale, studiato nei minimi dettagli che ha consentito a un terzetto di navigati lestofanti di rubare un paio di solitari da mezzo milione l’uno alla gioielleria Pasquale Bruni. Ovviamente senza torcere un capello ai dipendenti, rimasti con un palmo di naso mentre i banditi acchiappavano i preziosi e uscivano come razzi dal negozio.
Antefatto. L’altro pomeriggio un elegante signora sui 40 anni si presenta nel negozio Bruni di via della Spiga 4. In inglese, ma con un forte accento russo spiega che vuole vedere qualcosa di veramente bello per un regalo che le vuol fare il marito. Non poteva trovare di meglio. I Bruni sono gioiellieri da sempre, prima con «GioielModa», poi da dieci anni il fondatore, associando i figli Eugenia e Alessandro, ha lanciato il marchio che porta il suo nome. Il personale assiste con grande professionalità la cliente che alla fine restringe la sua scelta su due solitari, uno più bello dell’altro. «Verrà mio marito domani per comprarne uno».
E il giorno dopo effettivamente si presenta un signore distinto, sui 45 anni, vestito con la sobria eleganza che solo i veri ricchi riescono a esibire: alto 1.75, giacca blu, camicia azzurra, jeans e scarpe Gucci. L’uomo, sempre in inglese, si fa riconoscere come il famoso «marito» e viene fatto accomodare in un salottino dove potrà con calma visionare i due anelli con brillanti, per scegliere il regalo alla moglie. Con perfetto sincronismo, appena il personale esibisce i solitari un altro cliente suona alla porta. I dipendenti intravedono dietro i vetri, un uomo alto e slanciato, sul metro e 90 e fanno scattare la serratura. E con lei scatta anche il ricco russo che afferra i due anelli e schizza verso l’uscita lasciata aperta dal complice. Il personale si lancia all’inseguimento ma i due sembrano due lepri, è già tanto se riescono a non perderli di vista. La corsa finisce dopo poche decine di metri nella parallela via del Senato, dove i due russi, o chissà chi cavolo erano, saltano a bordo di una Renault Scenic, ingranano la marcia e addio.
Gli inseguitori fanno in tempo a segnare il numero di targa dopo di che avvertono il 113 e nel giro di pochi istanti, il centro città risuona delle sirene di macchine e moto della polizia sguinzagliate a caccia dei fuggiti. Caccia che finisce qualche minuto dopo in via Fabio Filzi, davanti al civico 14, dove viene ritrovata la vettura, che più tardi risulterà presa a noleggio qualche giorno prima. Chiaro che il terzetto aveva già predisposto il cambio della vettura lontano d occhi indiscreti.

Un ulteriore dimostrazione della freddezza e della professionalità di questa piccola ma efficiente banda a metà tra i ladri e i truffatori alla Vittorio Gassman nel film «Il mattatore», in grado di portare a termine senza colpo ferire colpi milionari.

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