"Con me alla Scala arriva la canzone popolare Dylan? Meglio gli italiani"

A 86 anni è il primo nel tempio della classica: "Dopo il Covid Azzurro è l'altro inno nazionale"

"Con me alla Scala arriva la canzone popolare Dylan? Meglio gli italiani"

Asti. «E dire che alla Scala non ci sono mai entrato come spettatore». Ci entrerà da protagonista, Paolo Conte, lui sul palco con l'orchestra e un repertorio come non ce ne sono altri in giro. Domenica 19 febbraio, le canzoni d'autore entrano per la prima volta alla Scala, signore e signori. E la stella in scena ha appena compiuto 86 anni. «Nella mia vita ho fatto grandissimi teatri come il Barbican di Londra o il Philarmonic di Chicago ma la Scala è il teatro della nostra lirica, di Verdi e di Puccini, a proposito Verdi è il mio preferito sin da quando ho ascoltato una sua aria e sono caduto folgorato dal cavallo a dondolo». Insomma si vede che, al solo pensiero della Scala, illumina di jazz tutto il suo studio di Asti con il grande tavolone al centro: «Eh certo che in passato alla Scala avrei sognato di vederci Louis Armstrong o Art Tatum».

Ora Paolo Conte ci suona prima di Bob Dylan, che è in attesa di avere il permesso da anni.

«Bob Dylan ha fatto cose importanti ma, se penso all'Accademia di Svezia e tiro il bilancio della scuola italiana della canzone d'autore, da un punto di vista letterario abbiamo dato molto di più noi, anche dei francesi. E forse non ci è stato riconosciuto».

Com'è nata l'idea?

«In primavera Caterina Caselli e la mia manager ne hanno parlato e il mese dopo avevamo già la risposta. Ma in realtà già una quindicina di anni fa avevamo l'ok per un concerto lì, ma eravamo a Parigi e non è stato possibile suonarci».

In futuro la canzone d'autore potrà essere rappresentata nei teatri come la classica o la lirica?

«Il Novecento ha vissuto l'arte sempre di corsa perché si sono succedute tante avanguardie. Il futuro? Vedremo se ci saranno altre avanguardie oppure si consacrano quelle del passato».

Intanto il suo repertorio ha la consacrazione.

«La canzone popolare lì non ci è mai entrata. Non so se sarò il primo o anche l'ultimo. Comunque abbiamo esaurito i biglietti in un giorno solo».

Suonerà anche Azzurro? Di solito non è in scaletta.

«Vedremo. Di certo quando l'ho sentita cantare sui balconi durante il lockdown ho capito che è diventato quasi l'altro inno italiano. Non so ancora quale sarà la scaletta ma tre pezzi sono praticamente fissi: Via con me, Sotto le stelle, Gli impermeabili».

Per quale pubblico?

«Essendo fuori abbonamento, penso che ci sarà quello che mi segue di solito. Se poi ci saranno anche i loggionisti... Una volta, oltre a quelli della Scala e del Regio di Parma tra i più cattivi c'erano anche quelli del Teatro Alfieri della mia Asti».

Lei ha vinto tante targhe Tenco. Quest'anno l'ha vinta anche Marracash, un eroe del rap. Più rivoluzionaria la sua vittoria oppure Paolo Conte alla Scala?

«Forse è più dirompente che io vada alla Scala».

Il 6 gennaio ha compiuto 86 anni. Celentano 85. Vi siete sentiti?

«Non ci sentiamo mica tanto, lui fa una vita isolata tra le colline lombarde, io la faccio qui ad Asti».

A marzo saranno dieci anni senza Enzo Jannacci.

«Ho sempre detto che è il numero uno. Milano sente la mancanza di Jannacci?»

Meno di quanto dovrebbe.

«Peccato».

A proposito, San Siro?

«A me piace. Lo lascerei dov'è».

Tifoso milanista.

«Ma tiepido».

Da quando?

«Tifavo Juve, mio zio mi portò a vedere Juve - Milan a Torino. Primo gol di Hansen per i bianconeri. Poi Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm iniziano a fare sul serio. Mai visto giocare così bene. Risultato: 7 a 1 per il Milan. All'uscita incontro il commendator Menni che era un dirigente del Milan conosciuto a Sestri Levante. Mi fa: Hai visto?. Da quel momento sono tifoso del Milan».

Prossimo disco di Paolo Conte?

«Non ho tanta voglia di inventare. E poi ho un vizio che mi fa compagnia: la pittura, che per me è arrivata prima della musica».

Le hanno ai chiesto di fare il super ospite a Sanremo?

«A me no, alla mia manager sì. Ci andrei? No».

Sarebbe un'altra rivoluzione di Paolo Conte.

«Superiore alla Scala la vedo dura».

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