Mediaset, il teste d’accusa scagiona Berlusconi

Sentito anche il dirigente Rai Pugnetti Le udienze riprenderanno il 23 aprile

da Milano

Era stato chiamato come teste della Procura, ma a sorpresa ieri, invece che accusare, scagiona Silvio Berlusconi. Tanto che il pm, sconcertato, pone e ripropone la stessa domanda accusatoria su quello che era considerato il «socio occulto» di Berlusconi, Farouk Frank Agrama. L’inaspettata testimonianza accompagnata da effetto sorpresa è quella di Maurizio Carlotti, amministratore delegato di Mediaset dal luglio del 1998 all'aprile del 2000 ed ora ad Antenna 3 in Spagna. Carlotti arriva in aula al processo sui presunti fondi neri relativi ai diritti tv per testimoniare su un punto fondamentale dell’accusa secondo il quale l’ex premier e Farouk Frank Agrama sarebbero stati «soci occulti». Rispondendo al pm Fabio De Pasquale, Carlotti però spiega: «Fu Paramount a imporre Agrama come intermediario nella compravendita dei film. Io affrontai l'argomento con Gary Marenzie, presidente di Paramount, proprio per verificare tale situazione».
Il pm, certo di aver capito male o di essersi fatto capire male, rinnova la domanda sul ruolo dell’uomo d’affari di origine egiziana. Insorgono i difensori di Agrama e di Daniele Lorenzano: «Per otto volte sempre la stessa domanda, la ragione è che non gli piace la risposta» dicono i legali. Ma il rappresentante dell’accusa torna alla carica. Carlotti conferma la risposta e replica: «Così mi disse Marenzie». Piero Longo uno dei legali di Berlusconi ironizza: «Socio occulto anche Marenzie». Poi, davanti ai cronisti, l’avvocato aggiunge: «Se va avanti così rinunceremo a tutti i testi della difesa, perchè il quadro è sufficientemente chiaro e sconfortante per la procura». In mattinata era stato interrogato l’ex dirigente di Rti, ora all'ufficio acquisti Rai, Guido Alessandro Pugnetti, che doveva riferire su una lettera che il dirigente della Fox, Duglas Schwalbe, aveva inviato il 12 dicembre 1994 a una terza persona e nella quale riferiva il contenuto di un incontro avuto con lo stesso Pugnetti in cui si parlava di ritardi nei pagamenti da parte del gruppo Mediaset in relazione ai diritti. Pugnetti ha spiegato che in quel colloquio aveva inteso rassicurare Schwalbe sul fatto che i pagamenti sarebbero andati a buon fine. Il dirigente Rai non ha voluto rispondere, invece, alla domanda di un legale se avesse un conto corrente sul quale aveva depositato denaro proveniente dalla sua attività degli anni scorsi. «Scusi, lei ha la disponibilità di un conto all’estero relazionato alla sua attività?», a porre la domanda è l’avvocato di parte civile Mediaset, Salvatore Pino. «A questa domanda preferisco non rispondere» è la risposta di Pugnetti. Il dirigente Rai era stato convocato una prima volta come testimone, ma la sua deposizione era stata rinviata perchè avrebbe potuto fare dichiarazioni autoincriminanti.
Oggi invece come testimone di reato connesso, e accompagnato da un legale, è stato ascoltato in relazione a una e-mail del dirigente di Fox, Douglas Schwalbe. Il manager americano scriveva che Pugnetti gli aveva riferito di «profitti tenuti in Svizzera da Fininvest» e di «pratiche per evitare di pagare le tasse al fisco italiano».

Pugnetti in aula oggi ha confermato: «Dopo 13 anni non ricordo le parole esatte, ma il senso della conversazione fu quello».
Il processo riprenderà il 23 aprile con la deposizione del revisore di Kpmg Gabriella Chersicla.

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