Medici in Africa, contro tanta miseria combattono i «Guerrieri della luce»

Medici in Africa, contro tanta miseria combattono i «Guerrieri della luce»

Professor Luigi De Salvo lei ha conosciuto in Africa tante persone straordinarie. Le ha definite «I guerrieri della luce». Perché?
«Quando ripenso alla gente che ho conosciuto durante i miei viaggi in Africa, mi rendo conto di aver avuto un grande privilegio ad incontrare persone straordinarie, fra cui moltissimi africani che, pur avendo molto poco riescono a dividerlo e ad essere altruisti oltre che dignitosi e sereni. Mi piace pensare a queste persone come a dei «guerrieri della luce»: cioè a gente che combatte spontaneamente per il Bene e si prodiga contro la miseria, l'indifferenza e le malattie. Il Togo è uno dei paesi più poveri che ho visto: proprio qui ho conosciuto alcune delle persone migliori. Ad esempio le suore dell'ospedale di Datcha, dove abbiamo lavorato: come suor Gina, settant'anni e va ancora in bicicletta per tenere in piedi l'organizzazione dell'ospedale. È stata trent'anni in Congo: pur non essendo medico aveva curato la gente per anni, condividendo con loro stenti e paure. Spinta dalla necessità, ha trovato il coraggio per fare piccoli interventi e tagli cesarei alla luce di una lampada a petrolio. Ha curato i poveri, facendo contrabbandare il chinino dal Kenia tramite missionari protestanti suoi amici e dividendo il proprio cibo con i malati, fintanto che i Simba hanno scacciato lei dal Congo, ma non il suo cuore. Che è ancora là. Come suor Annamaria: ostetrica diplomata a Londra, che ha passato parte della sua vita in India dedicandosi ai poveri, e poi è stata richiamata in Italia a far la preside in un liceo. Ma qualche anno fa è riuscita a farsi rimandare in missione in Africa per continuare a far del bene al prossimo: adesso si occupa della maternità dell'ospedale con amore e competenza.
È vero che una suora regge tutta la... chirurgia dell’ospedale di Datcha?
«È vero. Vorrei ricordare Suor Stella, suora togolese che si è laureata in Medicina al S. Raffaele di Milano. Questa suora da anni lavora nell'ospedale di Datcha reggendo da sola tutta la chirurgia! Quando qualcuno, come noi, va a darle una mano si fanno gli interventi grossi, quelli che si sono potuti rinviare, e poi riesce a riposarsi un po'… Imparare l'italiano, studiare all'estero, in convento. Una vita difficile, tutta in salita!»
Ci racconti professore altre sue esperienze, uomini, donne anche africani...
«Ma le suore o i religiosi non sono le uniche persone che fanno parte dei guerrieri della luce: molti altri riescono a tenere accesa la luce della speranza in un mondo dove domina la tenebra dell'egoismo e dell'indifferenza. Un giorno venne all'ospedale di Datcha una ragazza ventenne con problemi urinari, accompagnata dalla vecchia madre preoccupata. Suor Gina ci disse che in realtà la vecchia signora era la madre adottiva della ragazza, perché avendo perso l'unica figlia in giovane età, molti anni prima, si era dedicata per il resto della vita ad allevare orfani. Qualche tempo dopo la andammo a trovare a casa sua, ad Atakpamè, dove la signora ci accolse con gioia assieme a due agili ragazze di circa vent'anni che la aiutavano: gli altri orfani, una decina, erano a scuola. Ci mostrò la casa, in muratura, attorno ad un cortile pulitissimo con un pozzo da cui attingevano l'acqua con un recipiente ricavato da una camera d'aria. La cucina, con i fornelli di terracotta, ed una camera con le fotografie dei bambini ospitati appese alle pareti. In una si vedeva una bimba storpia con le stampelle: la signora ci disse che era la foto di una delle due ragazze, adesso guarita, che lei aveva fatto curare dieci anni prima».
Quali sono state le sue sensazioni umane, le sue riflessioni dopo questi soggiorni?
«Spesso le cronache ci fanno sapere di drammi e di personaggi negativi: però non tutto quello che succede nel mondo è brutto o cattivo. Spesso accadono cose positive che non vengono ricordate perché "non fanno notizia".

Però, per chi li sa vedere, spesso in giro si possono incontrare questi guerrieri della luce: persone, a volte eroi non conosciuti, che rendono il mondo migliore e più degno di essere abitato.
Lei tornerà in quei Paesi?
«Ma certo: i tanti sacrifici sono compensati dal “grazie” che ti dicono i nostri pazienti. Un modo davvero per integrarti e dare un senso ai rapporti umani».

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