Medici contro giudici: spietati a senso unico

Le toghe rifiutano per sé la responsabilità civile, ma sono inflessibili con le altre professioni. Il duello dopo una sentenza della Cassazione proprio sulla responsabilità professionale dei camici bianchi

Medici contro giudici: spietati a senso unico

Roma - Chirurghi contro giudici. I magistrati alzano le barricate sulla questione della responsabilità civile per la propria categoria, dicono i camici bianchi, ma poi mettono sotto accusa quella dei medici senza tenere conto della specificità di questa professione. I chirurghi scendono in guerra e minacciano lo sciopero dopo la sentenza della Cassazione che ha condannato per omicidio colposo tre operatori dell’ospedale San Giovanni di Roma. Il team aveva operato una malata terminale deceduta poi in seguito all’intervento stesso. Intervento espressamente richiesto dalla paziente.

Per Pietro Forestieri, presidente del Collegio Italiano dei chirurghi (Cic), si tratta di una «sentenza schizofrenica che ribalta di fatto il valore del consenso informato». Ai giudici, per i quali in questo caso sono stati violati i principi del codice deontologico che vieta qualsiasi forma di accanimento terapeutico, Forestieri fa notare che si è «ancora fermi al Codice Rocco del ’30 e non si è mai proceduto ad una definizione dell’atto medico, evidenziandone la specificità».
Forestieri sottolinea come ci sia stata «una giusta insurrezione contro la colpevolezza del giudice, riconoscendone la delicatezza del ruolo e la necessità della serenità di giudizio» osservando che per la categoria dei magistrati «si è ben notato il pericolo di una giustizia difensiva».

Peccato però che non ci sia stata la stessa attenzione per i medici. «Molti giudici hanno trovato spazio nei media per spiegare la bontà delle loro tesi - osserva Forestieri - cosa che a noi chirurghi è sempre stata pervicacemente negata».

E Forestieri illustra la differenza di trattamento. «I rappresentanti dei magistrati sono stati ricevuti dal presidente della Repubblica invece i chirurghi non hanno mai avuto la possibilità di una interlocuzione ufficiale con le istituzioni - denuncia il medico - rivendichiamo di svolgere una professione che riveste un’importanza pari a quella dei giudici e ci aspetteremmo un’eguale considerazione da parte delle istituzioni dei media e dei cittadini».

Anche Rodolfo Vincenti, presidente dei Chirurghi ospedalieri, Acoi, critica la sentenza e osserva che nella sua esperienza molti dei suoi pazienti sono ancora vivi anche perché non si è astenuto «dal tentare l’impossibile».

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