da Milano
La finanza del Corano si è già appostata alle porte di Mediobanca ma il presidente Cesare Geronzi potrebbe prendere tempo per la definitiva sistemazione del salotto dei grandi soci. A dispetto delle attese il doppio appuntamento di venerdì pomeriggio con la riunione del comitato direttivo seguita dallassemblea del patto appare quindi non sufficiente per decidere come assorbire il 9,4% del capitale messo sul mercato da Unicredit-Capitalia per non violare gli equilibri interni a Piazzetta Cuccia.
Sebbene i pezzi siano tutti sul tavolo da settimane, per incastrarli Mediobanca deve infatti preventivamente smantellare la propria quota in Mediolanum (1,96%).
A imporlo è lAntitrust per permettere la contemporanea prevista salita di Ennio Doris dallattuale 1,9% al 3-4% di Mediobanca. Limpasse, tuttavia, prosegue, complici le riflessioni in corso in Piazzetta Cuccia sullaccordo complessivo. In ogni caso rinunciare a Mediolanum significa per la merchant bank anche accettare, dopo le relative svalutazioni, una minusvalenza di circa 5 milioni. A fine giugno la quota era infatti in carico per 78,6 milioni (1,9 milioni le riserve) rispetto ai 72,3 milioni di valore implicito segnato ieri in Piazza Affari. Vista la complessità dellaccordo la fase di studio potrebbe quindi prolungarsi oltre venerdì, rendendo necessaria una nuova assemblea plenaria del patto (il termine ultimo è fine anno).
Solo una volta pagato il «biglietto» Mediolanum, Geronzi potrà mettere in moto il meccanismo che ridistribuirà il 9,4% venduto da Unicredit. Oltre a Doris, ad aprire il portafoglio per una quota che, stando alle quotazioni di ieri in Piazza Affari, vale 1,15 miliardi, saranno Popolare Vicenza e la tedesca Sal Oppenheim. Entrambe giocano nellambito del patto nel girone delle banche, il cosidetto gruppo A, mentre tra i soci industriali (gruppo B) muoveranno Fininvest e Benetton. In salita dal 9% all11% anche la squadra francese guidata da Vincent Bollorè: l1% circa dovrebbe essere frutto di arrotondamenti, mentre laltro 1% sarà affidato a un nuovo socio.
Lesborso è prossimo a 123 milioni e la prima a candidarsi è stata lagguerrita finanza araba. La stessa che ha preso posizione sia nella superborsa anglo-italiana nata dalla fusione di Piazza Affari nel Lse, sia nel mercato scandinavo e che, secondo le stime di Merrill Lynch, dovrebbe quadruplicare i propri investimenti a livello mondiale raggiungendo entro il 2011 quota 7.900 miliardi di dollari rispetto agli attuali 1.900 miliardi.
A spingere per aprire le porte di Mediobanca agli investitori del Corano è stato Tarak Ben Ammar.
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