«Al Meeting proviamo a ricompattare il Pdl»

«Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore»: il Meeting 2010 (domani il via) echeggia una frase di don Giussani. «Ogni uomo desidera l’infinito e questa passione anima le scelte grandi come quelle quotidiane», spiega Mario Mauro, capo degli eurodeputati Pdl nel Ppe e tra gli organizzatori della settimana riminese.
Cuore, desiderio, cose grandi: oggi prevalgono lo scontro e obiettivi non certo infiniti.
«Il Meeting ci ricorda che tutto è legato al desiderio di grandezza, bellezza e pienezza connaturato al cuore di ognuno. Nel desiderio che le cose cambino e si affermi il bene, l’uomo non è motivato dalla miseria degli scontri che vediamo oggi: si muove in ragione di un’altra cosa. Anche nel rapporto col potere l’uomo parte dalla grandissima ambizione di cambiare la realtà affermando un principio buono. Molti ospiti del Meeting ne saranno testimoni».
Come può essere ottenuto questo bene?
«Intanto non dimenticando che la ragione della speranza non è di questo mondo. Per questo il filone principale di questo Meeting sarà il tema della libertà religiosa».
Non è una libertà ormai acquisita?
«Ci sono contesti in cui il fatto di riferirsi a qualcosa di più grande dei poteri del mondo viene visto come un pericolo da combattere con ogni mezzo. Ne parlerà una lunga carrellata di personaggi, dal ministro Frattini all’ambasciatore Usa presso la Santa Sede fino a imam e rappresentanti di Pakistan, Turchia, Nigeria. Non c’è un contesto occidentale capace di mettere realmente a fuoco il tema della libertà nella società se prescinde dalla libertà religiosa».
Questo «desiderio buono» c’entra anche con la nostra Italia?
«Il Meeting affronterà temi cruciali con ministri, banchieri, imprenditori. Ci chiederemo come far ripartire l’economia in termini di progettualità industriale e di sostegno alle imprese, e se il governo Berlusconi è sufficientemente ambizioso su educazione, università, formazione, terzo settore, crescita demografica. Egitto e Turchia insieme hanno tanti giovani sotto i 25 anni quanti l’intera Unione europea. Qualcuno nel governo ci sta pensando? Siamo davvero sicuri che si giochi tutto nella dialettica di questi giorni? Le generazioni future mi sembrano un tema più consistente di Generazione Italia».
Ma a Rimini si parlerà o no dei problemi del Pdl?
«Vorremmo riportare tutti alla realtà, perché spesso la politica italiana è incapace di partire dai fatti. È un dato di fatto, per esempio, che Berlusconi rappresenta il motore del centrodestra e semmai ci sarebbe da stargli attorno per pungolarlo là dove non riesca a centrare gli obiettivi di riforma che si è proposto invece che puntare continuamente a insabbiarlo o denunciarne le inadeguatezze senza indicare una alternativa. È una grossa debolezza. Rischiamo di far passare l’era Berlusconi senza aver cambiato il Paese».
Anche a Strasburgo quelli di Fli si separano dal Pdl?
«A oggi sono l’unico capogruppo parlamentare che non ha un gruppo finiano formalizzato. Considero positivo questo fatto: c’è lo spazio, il tempo e il modo per recuperare i termini di una esperienza comune con molte persone legate al presidente Fini».
Quindi lei lancia un appello all’unità del Pdl.
«Non mi piace il gioco a farci del male che Fini ha voluto cominciare, ma sono contrario a un centrodestra diviso: la storia dimostra che è il modo sicuro per perdere le elezioni».
Il Meeting è un luogo di dialogo anche con la sinistra riformista, soprattutto tra i parlamentari dell’intergruppo per la Sussidiarietà.
«Vorrei che al Meeting ci si concentrasse meno sulla diatriba nel Pdl per recuperare il cammino che il Paese deve riprendere. Vogliamo dialogare con l’altra parte, ma anche ricordare a chi tra i nostri è attanagliato dalle problematiche interne che il popolo italiano ci ha votato per stare insieme e conseguire certi obiettivi».


Che possibilità vede per il riavvicinamento?
«In politica le cose si possono mettere a posto: in passato la Lega si è permessa di dare del mafioso a Berlusconi e ora è di nuovo un nostro alleato di ferro. Noi intendiamo richiamare tutti agli obiettivi ultimi che siamo chiamati a realizzare per il bene comune. Se poi le ferite si sanano, bene. Altrimenti per l’Italia si apriranno altre stagioni».

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