Meglio il portoghese/José aveva gente confusa a cui ha regalato sicurezza

Studiava i limiti dei suoi e le debolezze degli avversari. Solo poi veniva il modulo

«Sono Samuel Eto’o, risolvo problemi».
Christian Chivu ha abbassato lo sguardo. All’Olimpico le luci erano ancora a palla ma era passata un’ora buona da quando si era tolto il caschetto e si era messo a strillare come un’aquila verso la panchina di Rafa: «... E io di qui e io di là, e questa non è più l’Inter di una volta e barabarabara ...». Il romeno aveva due occhi da paura e la salivazione al minimo. L’adolescenziale Rafa, mentendo bonariamente, ha detto che era lontano e non ha capito bene ma poi hanno chiarito. Samuel Eto’o, che era ancora più lontano, invece aveva capito tutto benissimo e non si sentiva in colpa: «È vero, non è più l’Inter di una volta, e per me è meglio». Che ingrato, hanno pensato tutti, ha rinnegato San Josè! Il calcio è sempre una questione di fede, mai di gratitudine, tutti credevano in Josè e sono arrivati alla coppa promessa, adesso non c’è più e bisogna dimenticarlo in fretta. E così mercoledì sera è nata la nuova Inter e Samuel Eto’o che prima era l’egoista, adesso è diventato l’ingrato. Bravo ma ingrato, perché ha aggiunto che con Josè faceva il difensore e il contropiede, adesso invece lì davanti si saltano i birilli e si gonfia la rete. Si è dimenticato di dire che con Mourinho ha vinto tutto.
Josè aveva studiato il colpo con il terrore di un killer, di ogni suo uomo sapeva i limiti, di ogni avversario le debolezze, il modulo un pretesto. Alla vigilia del suo capolavoro psicologico nell’ultima Champions, quello a cui teneva di più e al quale aveva affidato il meglio di sé, aveva detto una sola cosa: «Chi ha paura resti ad Appiano». Era il 16 marzo, Stamford Bridge, in campo Eto’o, Sneijder e Pandev dietro a Milito, 1-0. Avrà anche fatto il terzino ma il gol in controbalzo è di Samuel Eto’o, capolavoro nel capolavoro. E sarà stato anche un contropiede quel lancio di Sneijder, ma la gioia di quella sera a Londra, Eto’o non l’ha più rivista, neppure dopo la tripletta rifilata al Werder. Altro spessore, altro sapore, intensità, calcio, odore di vittoria.
Con sedici, diciassette giocatori, Mourinho ha sbancato l’Europa, dicevano che avrebbe lasciato solo macerie dietro di sé e l’Inter quest’anno l’avrebbero raccolta con il cucchiaino. Certe cose Eto’o dovrebbe saperle, si fa presto a cambiare idea nel calcio, basta perdere una partita e vincere la successiva. Prima ce l’avevano tutti con lui, colpa sua se Milito è invisibile, se Cordoba volta la schiena a De Rossi quando la mette per Vucinic, se Sneijder gira a vuoto, se una pallonata colpisce Zanetti e lo mette ko. Adesso può dire quello che vuole.

Eppure appena l’Inter forerà, qualcuno dirà che non è più l’Inter di una volta. Solo i nemici credono veramente che Eto’o con quella frase abbia sconfessato una stagione irripetibile. E comunque Josè gli avrebbe imposto il silenzio.

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