Melandri & C, prendi il seggio e scappa

Melandri & C, prendi il seggio e scappa

(...) ad arringare il popolo viola, capace di look minimalisti. Nell’occasione, infatti, la Melandri indossava una pesante giacca-maglioncione stile casalinghe disperate. Modello, peraltro, indossato con molta più nonchalance da Roberta Pinotti, che viene eletta in Liguria e, quantomeno, si occupa anche di temi liguri. Seppur, talvolta, con un tristissimo maglioncione beige, peraltro di Givenchy, che non fa onore alla sua straordinaria eleganza.
Certo, poi, occorre considerare il cosmopolitismo di Giovanna. Nata a New York, negli Stati Uniti d’America, ha acquistato recentemente casa in Kenya, come testimoniato dalle dichiarazioni dei redditi rese note proprio nelle scorse settimane dalla Camera dei deputati, oltre che dalla nota partecipazione ad alcune feste di Malindi. Il tutto condito alla vaccinara, con il suo essere romana de Roma, apprezzatissima ai Parioli e nei dintorni di corso Trieste e alle spalle di via Nomentana. Bellissima zona, peraltro. Buongustaia.
Ecco, il problema è che noi pensavamo che fosse buongustaia anche quando è venuta a Genova. Ricordo una trasmissione a Primocanale, in cui Giovanna fece l’elogio del pesto, dando anche la ricetta, come nemmeno il Biasotti con il mortaio dei tempi belli in cui Biasotti era Biasotti. E, se la memoria non mi inganna, nel corso di quel faccia a faccia con Claudio Scajola moderato da Mario Paternostro, Giovanna annunciò anche che avrebbe preso casa in Liguria. Roba degna di Berlusconi a Lampedusa.
Il problema, però, è che la Melandri la casa in Liguria non l’ha presa. E che, dopo la campagna elettorale, il pesto non l’ha più mangiato. Tranne che sia una regolare frequentatrice della Taverna Giulia, in fondo all’omonima e straordinaria via romana, per la precisione in vicolo dell’Oro 23, l’unico ristorante ligure nella Capitale. Ma, per l’appunto, tranne che si verifichi questa situazione, il feeling di Giovanna con il pesto è terminato.
Ecco, scrivo questo articolo perchè sono stufo di gente che scopre il pesto solo in campagna elettorale, quando viene catapultata da queste parti. Il problema è che, finchè avveniva con i collegi uninominali (e a maggior ragione con le preferenze), poteva anche starci, visto che eventualmente sarebbero stati gli elettori a bocciarlo o a confermarlo.
Ma con questa scandalosa e vergognosa legge elettorale, che toglie agli elettori il potere di scegliere i candidati per darlo a pochissima gente che decide i nomi di mille parlamentari, «quelli del pesto» hanno una situazione molto più grave. E, soprattutto, si presentano a intervalli regolari: nella scorsa legislatura era stato l’allora diniano e allora di centrosinistra Italo Tanoni a spiegare a La Repubblica-Il lavoro che la sua candidatura in Liguria era sacrosanta proprio in quanto estimatore del pesto. Stavolta è toccato a Giovanna.
Ultimo particolare, il più melandrino di tutti. L’ex ministra ulivista era stata eletta anche nel Lazio e le sarebbe bastato optare per il posto romano anzichè per quello ligure (a questo punto, togliendo il posto a un candidato laziale) per riaprire le porte del Parlamento a Lorenzo Forcieri, attualmente presidente dell’Autorità Portuale spezzina, ma prima sottosegretario alla Difesa nei governi di centrosinistra, il «komunista!» più amato dalla Nato, per la sua capacità di leggere gli scenari internazionali e di interpretarli senza farsi prendere dalla demagogia troppo spesso cara al suo partito. Posso dirlo? Forcieri in Parlamento anche questo giro avrebbe garantito un valore aggiunto alla Liguria e soprattutto alla sua provincia spezzina, in particolare alla Val di Magra.
Invece, la sventurata rispose no. Nonostante tutti i richiami che le arrivavano dalla Liguria, preferì il profumo del pesto e il seggio qui da noi e Forcieri rimase a casa (poi, con il Porto, che sta gestendo bene, gli è andata meglio, ma questa è un’altra storia).
I risultati di Giovanna sono sotto gli occhi di tutti. E la provincia della Spezia si è dovuta accontentare di Andrea Orlando, rappresentante del Pd nazionale come portavoce del partito. Perchè, contemporaneamente, in modo scellerato, anche il Pdl aveva piazzato Gino Morgillo, che credo sarebbe stato un ottimo senatore, fuori dai posti buoni per essere eletto.

E così per avere uno spezzino a tutti gli effetti in Parlamento, si è dovuto attendere l’ingresso di Gian Carlo Di Vizia, subentrato a quattro suoi colleghi di Lega.
Davvero una storia melandrina. Una storia di posti, più che di pesto.

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