Meno Grimm, più cattiveria La favola nera di Ricci-Forte

In Grimmless, il loro nuovo spettacolo che, come avevano recentemente dichiarato, avrebbe costituito una svolta radicale nel loro modus operandi, la premiata ditta Ricci-Forte famosa per la rocambolesca sfida alle istituzioni, più che tuffarsi in nuovo genere di spettacolarità da offrire alla platea dei giovani, che da qualche anno li segue esaltandoli come i nuovi maitres à penser dell’età moderna, sembrano rifarsi a una sorta di neoaccademismo. Non c’è niente di male, intendiamoci. Anzi per rinnovare i contenuti e la sostanza del proprio lavoro senza per questo rinunciare a quel tanto di mestiere (in questo caso di indubbia e potente originalità gestuale che fa di loro gli araldi della neoavanguardia italiana) accumulato nelle scorse stagioni, il gruppo guidato da Ricci e Forte si concede giustamente una pausa in cui si riflettono posizioni acquisite che stanno già per tramutarsi in una nuova concezione del destino dell’uomo e dei compiti del teatro. Di cui il titolo scelto. Grimmless è già una conferma (al festival di Castrovillari, fino all’8 giugno, poi a Racconigi il 23, a Gradisca sull’Isonzo il 2 luglio e a Grosseto il 14 e il 16).
Ma non si commetta l’errore di pensare che i nostri due alfieri abbiano intrapreso la via di una decodificazione delle fiabe crudeli tratte dal repertorio e dal patrimonio folklorico cui attinsero i famosi fratelli Grimm. È vero che Ricci e Forte nel corso dello spettacolo, anzi ad epigrafe della desolata riappropriazione dei corpi degli attori che si svestono e si rivestono simbolicamente della propria pelle, recitano le fasi salienti della vicenda di Biancaneve. Ma lo fanno in senso catartico. Modulano infatti un coro a bocca chiusa in cui i nomi dei protagonisti della favola nera più famosa del mondo. Insinuando che candore e bontà non abitano più lì. Facendoci intendere che i nani con la loro mater-magistra appena uscita dall’infanzia sono identici alle figure catartiche volte alla soppressione di Biancaneve.

E che la cosiddetta stregoneria o magia nera scacciata oggi dalla favola si è rifugiata nell’orrore visivo delle guerre di sterminio che insanguinano il pianeta. Tanto che persino il pubblico infantile, cui il gruppo si assimila, diventa un serraglio di piccoli mostri che, nel proprio olocausto, allude al conflitto atomico che ci escluderà dal destino del mondo.

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