Meno male che (don) Angelo c’è

Meno male che (don) Angelo c’è

(...) Chiaramente, non credo che il nostro cardinale, il nostro caro Angelo, il don di Albaro, il «don Bagnasco» citato senza particolari riverenze da Michele Serra nella sua rubrica su Repubblica, verrà sostituito alla guida della Cei. Nè a giorni, nè a settimane e, forse nemmeno a mesi, visto che sta guidando bene e con equilibrio la conferenza episcopale, dove convivono sensibilità, idee, istanze e pensieri politici molto diversi fra loro.
Ma voglio andare oltre la lettura politica del discorso di Bagnasco e anche della lettera dei vescovi liguri. E mi chiedo: ma è mai possibile che ci sia qualcuno, nella chiesa, addirittura ai massimi livelli, che crede che sia «un autogol» se il suo rappresentante di punta in Italia dice che la tutela della vita è un valore?
Io credo sia folle anche solo pensarlo e quindi mi sembra ridicolo leggere retroscena dove Bagnasco viene fatto a fettine per la «fuga in avanti» - già, mi ero dimenticato la «fuga in avanti», si è parlato pure di quella, non poteva mancare - per aver fatto semplicemente il suo mestiere, quello del pastore. Nè più, nè meno.
C’è una legge giornalistica che dice che il cane che morde l’uomo merita al massimo una notizia in breve perchè è la normalità, mentre l’uomo che morde il cane vale un titolone, visto che si tratta di un evento raro. Ecco, credo che - in questo caso - l’uomo che morde il cane, l’evento, sarebbe stato il silenzio di Bagnasco di fronte a una deriva laicista e relativista sulla difesa della vita.
In questi anni e mesi genovesi del cardinale, abbiamo dovuto sentire di tutto. Persino il «Bagnasco comunista», magari con la kappa, per aver portato avanti istanze che non sono di sinistra o di destra, ma sono semplicemente cattoliche. E qualcuno ha arruolato il cardinale a sinistra confondendo la porpora della berretta con il viola delle manifestazioni di piazza. Fra l’altro, sia ben chiaro: l’errore esattamente speculare lo farebbe chi vedesse in Bagnasco il braccio armato delle truppe berlusconiane.
Angelo Bagnasco, semplicemente, fa un altro mestiere. Che non è quello del politico. Ma è quello di tutelare e portare avanti le idee della Chiesa: in ogni campo. Penso, ad esempio, all’intervento in occasione della presentazione del libro La sfida educativa, quando ha spiegato l’importanza del ruolo degli adulti, smarriti di fronte al compito educativo, denunciando il rischio dell’«assolutizzazione della libertà individuale che, se diventa il dio dominante, un Moloch» può «far bruciare tutto in suo nome, anche la vita». Oppure, le denunce sugli eccessi di consumismo ed edonismo. O, ancora, la richiesta, nell’omelia per la festa di San Giuseppe, «di un colpo d’ala verso la nobiltà della politica» con un «no» secco «alla cultura della contrapposizione e del sospetto che fa male a tutti».
Insomma, le parole di Bagnasco sono tutt’altro che uno scandalo. Anzi, sono proprio quelle che doveva dire, non semplicemente quelle che poteva dire. E quindi, a chi le considera un autogol o uno scandalo, non resta che rispondere oportet ut scandala aveniant, è opportuno che gli scandali succedano.


E, di fronte a una Chiesa troppo spesso silenziosa o prona di fronte alla politica, di destra o di sinistra, mi sento di dire: meno male che (don) Angelo c’è. Da credente, molto prima che da iscritto alle liste elettorali.

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