Adesso non potranno più snobbarci. Adesso non hanno più giustificazioni. Dopo Treviso '93 ci avevano detto che loro giocavano con le riserve, perché da venticinque anni non ci ritenevano degni di affrontare la loro nazionale vera; dopo Grenoble '97 ci avevano detto che in fondo era un'amichevole, perché tale consideravano la finale di coppa Europa pochi giorni dopo aver fatto il grande slam nel Cinque Nazioni. Adesso, invece, i francesi non avranno più nessun paravento dietro cui nascondersi, se non la loro supponenza e la sicurezza di averci in pugno dopo quel break illusorio di inizio ripresa. Adesso la sconfitta per i maestri è arrivata con tutti crismi dell'ufficialità, nel torneo delle Sei Nazioni, a Roma, 12 marzo 2011, data da scrivere a lettere d'oro nella storia del nostro povero rugby, costretto da sempre a lottare contro corrente. 22-21, un punto solo più di loro, ma un punto che ne vale cento, mille, per tutte le volte che siamo stati noi a uscire dal campo battuti di un soffio, a dover accettare tante onorevoli sconfitte. Adesso che se la gustino loro questa sconfitta "onorevole", se avranno il coraggio e l'onestà di considerarla tale.
Una vittoria tanto grande, quanto incredibile, soprattutto per come gli azzurri l'hanno fortemente rincorsa, trascinati da Parisse, da Masi, spina nel fianco della difesa francese, da Canale, da Castrogiovanni («Questo è un bel regalo per i 150 anni dellItalia», ha detto orgoglioso), da Orquera, dalla regia sapiente di Semenzato, dal coraggio di Mirco Bergamasco che, dopo aver sbagliato due calci consecutivi pesantissimi, che avrebbero potuto tagliare le gambe a lui e a tutta la squadra, ha saputo farsi carico della difficile trasformazione della meta di Masi (13-18 al 58') e del calcio del sorpasso al 75' (22-21).
Vittoria incredibile, dicevamo, se si pensa che l'Italia ha saputo risalire dal 6-18 (50' dopo la meta di Parra) al 22-21 nella mezzora più bella della storia della nostra nazionale. Se Grenoble '97 ci aveva aperto di fatto le porte del Sei Nazioni, Roma 2011 dovrà farci considerare definitivamente come membri effettivi di questo club elitario del rugby europeo. Adesso non possiamo più essere solo i candidati principali e scontati al cucchiaio di legno, adesso non dobbiamo più aggrapparci alle sfide con la Scozia nel derby dei fanalini (e sabato a Edimburgo ci presenteremo con un bel biglietto da visita), o a qualche estemporanea impresa con un Galles distratto. Sensazione convalidata dalle parole di Nick Malett. «É il momento più bello da quando alleno lItalia. Sono orgoglioso di questa squadra».
Roma 2011 ha detto che questa Italia non solo può giocare alla pari con tutti (almeno in Europa) come ha dimostrato tante altre volte, ma può anche vincere con tutti. Ci resta da sfatare il tabù irlandese, almeno nel Sei Nazioni, ci resta da fare l'impresa con gli inglesi, ma prima o poi andando avanti così arriveranno.
Intanto abbiamo messo in bacheca per la prima volta il trofeo Garibaldi, in palio ogni anno tra noi e i francesi, ed è curioso che sia successo proprio nella settimana che porta alla festa dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Un secolo e mezzo più tardi possiamo dire che finalmente è fatta anche l'Italia del rugby.
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