Merola, funerale show per il re della sceneggiata

La foto del cantante usata come santino. Alla fine anche i fuochi d’artificio

Carmine Spadafora

da Napoli

«Marittiè, Marittiè, vienem ’nsuonno. Comme dicive tu, si “a mogliera ’cchiù carnale”». Urla e si dispera, Rosina, la vedova di Mario Merola, compagna per cinquant’anni, del re della sceneggiata, morto domenica sera, al termine di cinque giorni di agonia. Vestita a lutto, il volto divorato dal dolore, Rosina si inginocchia, si accascia sulla bara di mogano, che raccoglie le spoglie del marito. L'accarezza, la bacia, sviene, tra le braccia di un atterrito Gigi D'Alessio, il pupillo di Merola.
Dramma e dolore sincero, ieri mattina, nella storica Basilica della Madonna del Carmine a Napoli, per l’ultimo saluto al cantante-attore. L'ultimo ciak, l'ultima «sceneggiata» in suo onore, con la gente del Mercato e del Pallonetto di Santa Lucia, del Vomero e della Stazione Centrale, in ginocchio, davanti alla sua bara. Qualcuno esibisce una sua foto come un santino, che bacia e fa baciare. Qualcuno stringe un fazzoletto per asciugarsi le lacrime o una rosa da appoggiare accanto alla cassa.
Ma, non è mancata la tensione. Più che un funerale, per diversi minuti è sembrato di trovarsi allo stadio, con trentamila persone che spingevano e mostravano il muso duro, pur di raggiungere la bara, ricoperta da un decina di sciarpe del Napoli e da una del Palermo, portata personalmente da un capo ultrà dei rosanero. E, poi, adagiati sui vessilli dei supporter azzurri, una maschera di pulcinella, una foto che lo ritraeva durante una delle sue sceneggiate e un mazzo di carte per lo chemin de fer, il gioco preferito da Merola. Le ha portate Michele Riemma. «Mi chiamano Saint Vincent. Abbiamo sempre giocato a chemin de fer, anche oggi. L'ultima partita l'ha vinta lui, io facevo il banco, Merola ha vinto con un nove».
Funerali di popolo, ma, ieri mattina nel Carmine, c'erano anche i vip del mondo artistico, dello sport e della politica per l'addio all' «ultima voce di Napoli». Tra gli altri, i cantanti Amedeo Minghi e Mario Maglione, Nino D'Angelo e l'attore Giacomo Rizzo, l'allenatore del Napoli Eddy Reja, il portiere Gennaro Iezzo e il capitano della squadra di basket della Eldo, Mimmo Morena, che ricorda: «Sono figlio di emigranti. A casa nostra, in Germania, ascoltavamo le sue canzoni per avere un legame con Napoli e l'Italia».
Istituzioni in parata con il sindaco Rosa Russo Jervolino, il presidente del Consiglio regionale, Sandra Lonardo Mastella e il presidente della Giunta campana, Antonio Bassolino.
La Messa più volte viene interrotta dagli applausi scroscianti e dai cori, «Mario, Mario». Alfredo Di Cerbo, padre superiore dei Carmelitani, legge un messaggio di cordoglio, inviato dal cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe.
L'apoteosi, all'uscita del Carmine: mentre la bara sfila tra due ali di folla, che applaude e piange, esperti fuochisti facevano esplodere una dozzina di batterie di fuochi pirotecnici. Applausi dalla gente affacciata ai balconi e alle finestre di casa, che ha seguito il funerale attraverso un maxi schermo. Bandiere del Napoli, striscioni lunghi anche dieci metri, stesi sulle ringhiere per l'addio. «Napoli saluta Merola».

«Merola sei stato e resterai per sempre il re di Napoli. Non ti dimenticheremo mai. Il tuo quartiere». L'ultimo ricordo, l'ultimo souvenir, del re scomparso: un fiore, strappato da una delle centinaia di cuscini e ghirlande appoggiati sulla facciata del Carmine.

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