Mestriner e un risotto che più di mare non si può

nostro inviato a Badoere (Treviso)
Se non si è trevigiani difficilmente si conosce la piazza di Badoere, tanto essenziale e larga quanto elegante e bella. Il ristorante di Ivano Mestriner, e della sua socia Gabriella Leone, la rende pure ottima al palato. Trentatre anni, padre macellaio e fisico da macellaio, Ivano è lì da quattro anni. Ha appena riaperto da ferie, quindi affrettarsi: ne vale assolutamente la pena per un piatto e per un menù, per un risotto/non risotto e per un percorso a tutto quinto quarto che non fa a botte con l’estate.
La cucina lì non ha confini: carne, frattaglie e pesce, ma anche una carta dei vini ricca di spunti importanti e ragionati a iniziare da una grande scelta di champagne fino a dessert che possono pure riflettere quanto mangiato di salato con le Delizie al foie gras.
Mestriner costruisce i suoi piatti partendo dalla testa. Non che non ci metta passione e sentimenti, ma evita ruffiani patti con la tradizione, quel fingere di essere diversi ritoccando il noto che ci arriva dal passato senza per davvero infondervi qualcosa di nuovo e di personale.
Il menù degustazione di frattaglie è un inno assoluto a cuore (una tartara superlativa in insalata fiorita) e animelle (un hamburger con uovo traslucido e tartufo estivo), tetta di vacca (in salsa tonnata) e nervetti (un cocktail di intensa poesia), cibreo di pollo e rognone di vitello fino a tre dolcetti nel segno del fegato grasso.
Ma un mese fa la mia attenzione è stata catturata dalle virgolette del “Risotto” di seppie. Catturata perché lasciano intendere che non sarà come è sempre stato: da perdere letteralmente la testa. Il riso, frullato fino a sparire, viene usato giusto per legate la seppia, sminuzzata in pezzettini così minuscoli da apparire chicchi di riso.

Ivano tira la seppia, poi la dispone a cupola e la ricopre di lamelle di lattume cotto al vapore: bianco su bianco. Al centro una generosa goccia di inchiostro nero, stesso colore del piatto. Eleganza e sapidità.
E-mail: paolo.marchi@ilgiornale.it

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