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Il metodo Repubblica Ecco come infangano i giornalisti "nemici"...

Altro che scandalo P4, il vero obiettivo degli indignati speciali è un altro: il Giornale

Il metodo Repubblica 
Ecco come infangano 
i giornalisti "nemici"...

«Sorridete, gli spari sopra, sono per noi». Manca solo la musica di Vasco, il resto c’è. I rullanti del Fatto, la schitarrata di Repubblica, con il duo Milella-Bonini in stereofonia. Alle spalle il coro della macchina del fango. Non hai ancora capito bene chi lo vuole questo concerto, chi lo sponsorizza, a chi fa comodo. Perché?
È questo perché che ti rimbalza in testa. Questa inchiesta vomita intercettazioni. Una ragnatela di telefonate registrate e trascritte.

Leggi che perfino ogni parola scritta sul computer di Bisignani viene trasferita in tempo reale al computer della procura. È roba da professionisti. Bisignani parla con mezzo mondo: ministri, boiardi, ex politici, direttori generali, giornalisti, gente di passaggio. È un hub di relazioni politiche, un lavoro di lobbying. Da quel telefono passa parecchia gente, eterogenea, non appartengono tutti alla stessa parrocchia. Ci trovi Masi e Montezemolo, Elia Valori e Cirino Pomicino, Isabella Ferrari e la Gelmini. Ci trovi tanta, tantissima gente. La vagonata di carte che gira ormai nelle redazioni dovrebbe dimostrare che Bisignani è il grande ragno della P4. Tutto questa roba è penalmente rilevante? Secondo il gip una gran parte non serve a nulla, sono frammenti di vita privata rubati e non dovrebbero mai diventare pubblici. Non capita mai. E chi se ne frega del diritto alla privacy. Questo non è un secolo garantista. Non importa. Sarà la magistratura a giudicare.

Qui è in ballo un’altra cosa. Leggete la Repubblica o il Fatto e noterete che al centro della loro indignazione non c’è Bisignani. Non è lui il protagonista. No. Gli spari sopra sono tutti per il Giornale. Quando le carte della procura di Napoli atterrano per sbaglio sulla scrivania di Travaglio, ben prima che le vedano gli avvocati di Bisignani, il grande giornalista non se la prende con i pezzi da novanta, ma colpisce Gian Marco Chiocci, un cronista beccato a dare una notizia al suo direttore. Perché? Perché regalare la prima proprio a Chiocci? A pensar male sembra una vendetta per Montecarlo, che Marco Lillo proprio sul Fatto definì «l’inchiesta che tutti i giornalisti sognano di fare». Ma non può essere così. Davvero non si può credere che Travaglio si presti a un gioco così meschino. Non è retorica. È davvero incredibile.

Non basta. Milella e Bonini si mettono di rabbia a sputtanare il Giornale. Hanno già emesso la sentenza. Chi se ne frega del resto. Il Giornale è la macchina del fango, metodo Boffo, dossieraggio, fabbrica di notizie false per attaccare gli avversari, ricatti, depistaggi. Da vomito. Tutto questo viene detto come se fosse una verità scontata. Senza un dubbio. Spari su un giornale concorrente a sangue freddo, come in un romanzo di Capote, avendo in mano solo carta straccia. Non un prova, non una sentenza. L’importante è affondare il Giornale, gambizzarlo, strappargli dignità, metterlo alla gogna come banda di falsari. Nella storia del giornalismo non si è mai visto nulla del genere. E i killer starebbero qui. Ma guardatevi allo specchio. La signora Milella è la stessa che qualche tempo fa invitò, sul suo quotidiano, le procure a andare a perquisire la collega Anna Maria Greco: è lei che ha le carte del Csm sulla Boccassini. Anna Maria fu svegliata all’alba, spogliata, perquisita intimamente nel bagno di casa. Non trovarono nulla. Nessuno dei giornalisti buoni e giusti si scandalizzò. La Milella non pensò mai di scusarsi.
Bonini è uno che campa a carte segrete, brogliacci di procure e dossier. Fa il cronista di giudiziaria. Cerca roba per colpire gli avversari politici di Repubblica, soprattutto se si chiamano Berlusconi. Ma lui è un giornalista di razza, Chiocci un mestatore. Perché? Perché nelle carte di Bisignani si legge che quelli del Giornale sono ingestibili, combinano casini, non guardano in faccia e nessuno? Tutti, ministri berlusconiani compresi, vogliono imbavagliarli per sotterrare l’inchiesta di Montecarlo. Tanto che Bisignani al telefono dice: «Io non ho paura del Fatto, ma di quelli del Giornale. Sono dei pazzi». Sono mesi che vi siete inventati una storia che ripetete come un mantra. Il Giornale macchina del fango. E lo dite solo per infangare. Perché? Perché? A che gioco state giocando?

Perché nei brogliacci delle intercettazioni quando compaiono i nomi di De Bortoli o Madron che parlano con Bisignani sono scritti minuscoli e quello di CHIOCCI è in maiuscolo, perché quello di Repubblica è piccolo e DAGOSPIA è in grande e sottolineato. È come se chi sta lavorando a questo caso non vada alla ricerca di notizie di reato, ma cerchi la conferma a un teorema ipotetico. Se questa è la giustizia allora fate prima a ricorrere all’ordalia, ficcate la testa dei giornalisti del Giornale nell’acqua e se sopravvivono sono innocenti. Se affogano erano colpevoli.

«Sorridete, gli spari sopra, sono per noi».

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