Mette all'asta un rene su Facebook per pagare le cure al figlio.

Una provocazione, un gesto estremo per richiamare l'attenzione sul dramma delle coppie sterili. La coppia italiana mette sotto accusa la legge 40 sulla fecondazione assistita attualmente in vigore in Italia. Una denuncia messa nero su bianco in una lettera indirizzata al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Una madre disperata mette all'asta un rene su Facebook per pagare le costosissime cure necessarie a salvare la vita del figlio gravemente malato. Quel figlio è nato grazie alla donazione anonima di un ovocita con la tecnica della fecondazione eterologa eseguita in una clinica di Creta. Soltanto dopo la nascita si è scoperto che il piccolo è affetto da neurofibromatosi, malattia rara e mortale di origine genetica. Insomma la donna senza saperlo ha ricevuto un ovocita geneticamente portatore di questa terribile malattia. Una certezza visto che il piccolo è stato concepito con il seme del padre assolutamente sano.
La vendita degli organi è ovviamente illegale in Italia ma quello della donna, l'appello per vendere un rene, è un gesto estremo per richiamare l'attenzione sul dramma delle coppie sterili. La coppia italiana mette sotto accusa la legge 40 sulla fecondazione assistita attualmente in vigore in Italia. Una denuncia messa nero su bianco in una lettera indirizzata al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, attraverso l'associazione Luca Coscioni , l'organizzazione radicale impegnata sul fronte della bioetica per la libertà di cura e di ricerca scientifica.
A Napolitano la coppia racconta tutte le vicissitudini attraversate per riuscire a concepire un figlio. Impossibile senza la donazione da parte di terzo. Dato il divieto della fecondazione eterologa la coppia, come tante altre, va all'estero, in Grecia dove questa tecnica è praticata.
Dopo vari tentativi andati a vuoto riescono a realizzare il loro desiderio di diventare genitori rivolgendosi ad una clinica di Creta. Ma il sogno si trasforma in un incubo come spiega la donna nella lettera rivolta al Presidente della Repubblica.
«Nostro figlio è nato con una malattia genetica rara di cui mio marito non è portatore -è scritto nella lettera- Quando la clinica viene informata tutti si sono dati alla fuga. Abbiamo girato l'Italia per dare un nome alla malattia di nostro figlio, abbiamo investito tutti i nostri risparmi e per via delle numerose assenze dal lavoro ora siamo disoccupati».
La coppia racconta di essersi sentita trattata all'estero «come carne da macello, macchine stampa soldi». Tutta colpa secondo i due genitori del divieto di fecondazione eterologa in Italia. «Se solo la legge 40 non ci avesse discriminato, se solo avessimo potuto tentare di avere un figlio nelnostro Bel Paese come altre coppie con tutte le garanzie che fino al 2004 vi erano per l'eterologa», scrivono rammaricandosi i due genitori del piccolo ammalato. I due concludono affermando di non volere aiuti economici chiedendo invece di eliminare il divieto di fecondazione eterologa in Italia.
La legge in questione, la 40, che disciplina le tecniche di fecondazione assistita venne introdotta nel nostro paese tra mille polemiche perchè ritenuta troppo restrittiva. Venne approvata grazie ad un'alleanza trasversale dei cattolici sia di centrodestra sia di centrosinistra. Dal 2004 ad oggi sono stati molti i ricorsi contro i limiti imposti dalla legge e la Consulta ha dichiarato "incostituzionali" alcune norme come quella sul numero massimo degli embrioni da "produrre" che avrebbe dovuto essere. Il tentativo di farla abrogare del tutto attraverso un referendum però andò completamente fallito per mancato raggiungimento del quorum. I sostenitori della legge insistono sulla necessità di porre fine a quello che veniva definito un vero e proprio "far west" della procreazione assistita. Dal 2004 però è via via cresciuto il cosiddetto turismo riproduttivo, è aumentato il numero delle persone che sono "emigrate" all'estero per aggirare i divieti previsti in Italia, finendo magari nelle mani sbagliate come la coppia in questione.
Proprio sulla necessità di salvaguardarsi dai rischi di mancati controlli interviene il professor Claudio Giorlandino, segretario generale della Sidip, Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale. «Bisogna fare attenzione ai centri low cost e alle strutture dei Paesi dell'Est -afferma Giorlandino- Certamente in Italia i controlli sarebbero rigorosi ma penso che il paese non sia pronto ad accettare l'eterologa e non soltanto dal punto di vista etico».


E se in Italia casi del genere non sono mai stati denunciati all'epoca in cui l'eterologa era ammessa questo non significa che non si verifichino errori gravissimi come, ad esempio, la perdita di 94 embrioni a causa di un guasto tecnico al San Filippo Neri di Roma, soltanto un mese fa.

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