Mezza intesa sul cambio dollaro-yuan

Firmato un contratto da 4 miliardi di dollari per l’acquisto di 70 Boeing 737

Carlo Sirtori

«Washington e Pechino lavoreranno insieme per far sì che il valore dello yuan sui mercati valutari sia più conforme alle regole della domanda e dell’offerta». Pia speranza o reale convinzione? Non è facile interpretare le parole del presidente degli Stati Uniti George Bush sulla questione dei cambi, pronunciate al termine dell’incontro con il collega cinese Hu Jintao.
Le economie di Cina e Usa viaggiano a braccetto da diversi anni: le casse del Celeste impero finanziano la crescita americana e permettono agli Stati Uniti un deficit impressionante, dovuto a imprese costose come la guerra in Irak. Gli Usa a loro volta contribuiscono in maniera determinante alla folle corsa dell’economia di Pechino, accettando di buon grado che i propri mercati siano inondati dai prodotti «made in China». Così, evitando di entrare in polemica con l’alter ego commerciale del suo Paese, Bush ha scelto di vedere il bicchiere mezzo pieno, dando per acquisito l’impegno (puramente verbale) di Pechino di fare qualcosa in più sulla sofferta questione dei cambi.
Lo scorso 21 luglio, quando la classe dirigente cinese decise di sganciare lo yuan dal dollaro, sembrava che la situazione, dal punto di vista di Washington, potesse migliorare. Ma le speranze dell’amministrazione repubblicana, attanagliata da un deficit commerciale con la Cina che alla fine dell’anno toccherà i 200 miliardi di dollari, furono deluse. Pechino decise di ancorare la propria moneta a un paniere di valute estere, vanificando di fatto la sua fluttuazione rispetto al dollaro: da allora il biglietto verde ha recuperato sullo yuan un misero 0,33%.
Se Bush è parso (o ha voluto apparire) ottimista, le parole del presidente cinese Hu Jintao dopo l’incontro sono tutte da interpretare: «I contrasti e i problemi che potrebbero nascere sulle questioni commerciali nel futuro potranno essere risolti attraverso il dialogo».

Se non altro, il capo dello Stato cinese ha promesso pubblicamente di impegnarsi per una migliore protezione dei diritti di proprietà intellettuale (le manifatture cinesi sono state accusate a più riprese e da più parti di ignorare consapevolmente i brevetti). In concreto, lasciando la Cina Bush si porta a casa un contrattino da 4 miliardi di dollari, che Pechino scucirà per l’acquisto di 70 Boeing 737.

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