Una mezza retromarcia del «dittatore Maroni» Ma Forza Italia incalza

Il governatore: «Lancio discussioni e faccio scelte tecniche» Gelmini: «Non ci racconti favole. Riciclare i suoi è politica»

Fughe in avanti? «Le mie sono iniziative politiche» dice il presidente della Regione, Roberto Maroni. E ancora: «Lancio idee da discutere con tutti, come il reddito di cittadinanza, la riforma del sistema sociosanitario, la legge sul consumo del suolo. Sono iniziative che è giusto prendere, poi il consiglio deciderà». Una conferma, più che una smentita, delle accuse che gli vengono mosse da Forza Italia e anche da Ncd: decidere da solo, senza consultare gli assessori competenti, non convocare vertici di maggioranza, non farsi trovare al telefono e mettere tutti di fronte al fatto compiuto. Una questione di metodo, prima ancora che di contenuti.

L'autodifesa di Maroni non convince azzurri e Ncd. Il capogruppo di Fi in consiglio regionale, Claudio Pedrazzini, torna all'attacco, evocando metodi fascisti e scelte che penalizzano la Lombardia: «Da soli non si va da nessuna parte... Non condividiamo gestioni podestarili». Non solo: accusa il lumbard Maroni di privilegiare «esponenti romani o calabri» invece di «puntare su persone residenti in Lombardia». Molto critico anche il presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, Ncd: «Quando si governa una coalizione, chi ha la responsabilità più alta deve fare la sintesi di tutti. Se il governatore diventa anche lui un giovane padano, queste sono le conseguenze».

Le ultime ragioni del contendere sono le nomine ai vertici delle società legate alla Regione e in particolare la scelta di dare superpoteri a Massimo Sarmi, già ad di Serravalle e adesso presidente di Pedemontana, nella quale si prepara a incassare deleghe da ad. Maroni le rivendica come scelte tecniche: «Ho voluto garantire alla società Serravalle la piena autonomia, senza ingerenze della politica. È così che si deve fare».

Un discorso tacciato di «moralismo peloso» da Forza Italia. Va all'attacco la coordinatrice regionale, Mariastella Gelmini, che continua ad avanzare dubbi sulla governance : «Solo nel Paese dei Campanelli l'ad di una società come Serravalle nomina il cda di una controllata senza concordarlo col maggior azionista. E l'azionista è la maggioranza politica che governa la Regione. Noi non siamo nel mondo delle favole e Maroni farebbe bene a ricordarselo». Gelmini cita poi il caso del leghista Andrea Gibelli, asceso ai vertici di Fnm, e accusa di «usare due pesi e due misure» in base alle convenienze: «L'unico cancan al quale abbiamo assistito è sulle recenti nomine dei vertici delle Ferrovie Nord, allorquando Maroni non ha disdegnato le ingerenze della politica per riciclare uno dei suoi collaboratori».

Segnale di tregua è la retromarcia di Maroni sulle ripercussioni del voto. «Non ci saranno conseguenze nella giunta» ha detto, facendo un passo indietro rispetto al giorno precedente, quando aveva parlato di rapporti tra Lega e Fi da rivedere. Oltre tutto, Maroni aveva già accennato a «una revisione degli equilibri» durante una passata riunione di giunta, allarmando non solo Fi ma anche Ncd.

In ogni caso Gelmini registra come positiva la dichiarazione: «Ma ora, se si vuol proseguire nella collaborazione, bisogna impegnare tutte le forse nel programma di governo».

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