«Mi intercettano, è un Paese di m... Che nausea, ho voglia di andarmene» Telefonata di Berlusconi, ascoltata illegalmente, finisce nell’inchiesta sulla presunta estorsione da 500mila euro orchestrata ai suoi danni

Ecco l’atto di accusa contro i coniugi Tarantini e l’editore dell’Avanti. Sono le 105 pagine dell’ordinanza con cui il gip napoletano Amelia Primavera ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere con l’accusa di concorso in estorsione per l’imprenditore barese dell’affaire D’Addario Giampy Tarantini, sua moglie Angela Devenuto e Valter Lavitola. I primi due, arrestati ieri mattina a Roma, sono ora rinchiusi a Poggioreale e a Pozzuoli. Lavitola, invece, è irreperibile. Si trova all’estero: «Per lavoro», fa sapere lui. Ecco dunque come i pm napoletani provano a mettere all’angolo Berlusconi con un provvedimento giudiziario che pure vede il premier coinvolto solo in quanto «parte lesa». Per i pm, i coniugi Tarantini, insieme a Lavitola, avrebbero estorto almeno 500mila euro al premier, contro la minaccia «larvata e implicita» di far cambiare versione all’imprenditore barese, che sulla «natura mercenaria» delle donne portate a palazzo Grazioli «aveva sempre escluso ogni consapevolezza del Berlusconi».
Il premier «parte lesa» viene intercettato, le sue relazioni analizzate. A partire dal rapporto di «speciale vicinanza» con Lavitola, «vicinanza che non pare giustificata da incarichi politici o istituzionali del Lavitola né da una sua collocazione nella galassia aziendale o nell’ambito familiare del Berlusconi». Il 13 luglio, il premier finisce intercettato e sembra annoiato dall’insistenza di Lavitola che parla di P4: Berlusconi: «Ma non capisco perché io mi debba occupare di queste cose... scusa io non c’entro niente... sono lontano da tutto.. ma perché devo stare a parlarne (...) e scusami... io non ho niente a che vedere con questa storia... Bisignani l’ho conosco da lontano... l’avrò visto una volta in vita mia... (...) perché m’hai telefonato?». L: «Non è assolutamente da escludere è che questo delinquente qui strumentalizzasse Letta (...)» B.: «Ma non sa niente delle vicende di Letta (inc) perché Letta è la persona più pulita e più onesta del mondo e quindi io non ho nessun timore di nulla che riguardi Letta...». Lavitola insiste, dice che Bisignani teneva rapporti con i nemici del premier. Che replica: «Teneva rapporti con tutti, non con ogni mio nemico, teneva rapporti con tutti». Lavitola rilancia con le vicende Adinolfi-Bisignani. Berlusconi: «Antipatie loro... per me Adinolfi non è nessuno... non so se mi spiego, io non sono amico di Adinolfi (...) io di questa storia, Valter, non me ne voglio interessare... sono lontano cento chilometri da questa storia (...) a me possono dire che scopo, è l’unica cosa che possono dire di me... è chiaro? Quindi io mi mettono le spie dove vogliono, mi controllano le telefonate, non me ne fotte niente... io... tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei... da un’altra parte e quindi... vado via da questo paese di merda... di cui... sono nauseato... punto e basta...». Intercettata, il 23 giugno, finisce anche la responsabile della segreteria personale di Berlusconi, Marinella Brambilla. A lei, secondo i pm, Lavitola chiede i soldi «destinati» a Tarantini, parlando in codice: i denari sarebbero «foto». Marinella: «Allora riusciamo a stampare dieci foto, chi mi mandi, il solito Juannino?». Lavitola: «Sì sì». Secondo i pm, gran parte delle somme, Lavitola le avrebbe tenute per sé. Il gip riporta una conversazione del 14 luglio con un collaboratore indagato (Sansivieri) «nel corso della quale il Lavitola (...) ricorda all’altro di aver ritirato “da quello là” cinquecentomila euro, di averne dati cento “a quelli là” - intendendosi i coniugi Tarantini - e di sperare di non essere scoperto per essersi appropriato delle somme agli stessi non consegnate». Stesso tenore per una chiamata tra Lavitola e Tarantini, in cui il secondo batte cassa e il primo lo diffida dal presentarsi direttamente «lì», anzi, gli raccomanda: «Non passate neanche per piazza Venezia». Ma secondo il gip Tarantini scopre il «gioco», perché a riferirgli della dazione di soldi da Berlusconi sarebbe stato il suo avvocato, Perroni, che l’avrebbe appreso a sua volta dall’avvocato-deputato Niccolò Ghedini.
Nella ridda di intercettazioni, tra chiacchiere millantate, amicizie, rapporti veri o presunti finiscono tanti nomi noti. Tra gli altri quelli di Letta (che Lavitola vaticina vicino all’arresto), Tremonti, Elia Valori, Ferruccio De Bortoli. E c’è spazio anche per Alemanno, Caltagirone, Fini, D’Alema, la Polverini e Scaroni. Chi più ne ha più ne metta. L’unica certezza ce l’hanno i pm e il gip. Per loro, Tarantini e Lavitola hanno spillato soldi a Berlusconi, e altri ne volevano spillare in previsione della chiusura delle indagini sul caso D’Addario.

Per i pm i due puntavano al dibattimento per il procedimento barese, con conseguente propalazione di intercettazioni imbarazzanti per il premier, «salvo - conclude il gip - che in extremis non sia lo stesso Berlusconi a chiedergli “in ginocchio” di optare per il patteggiamento».

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