La mia terra contagiata dall'orrore

Ma che c’entra? Che c’en­trano due ragazze di se­dici anni, che c’entra­no le studentesse di un istituto professionale, che c’entra la scuola, che c’entrano i libri, che c’entra la Puglia? Di questi tempi la tensione sociale s’affetta col coltello,c’è il terrorismo anarchi­co e brigatista che riprende a col­pire, ci sono gli assalti della dispe­razione a Equitalia e le minacce torve,c’è la follia del terrorista so­litario e del gesto finale disperato, c’è il clima conta­gioso della Gre­cia, l’eco della pri­mavera araba, perfino. C’è qual­cosa di elettrico e di malefico nell’at­mosfera, s’avver­te che l’adrenali­na è in circolo, l’aggressività è dif­fusa e virale, an­che verso se stes­si, l’aria di cata­strofe si fa pesan­te già al solo ripe­terlo, come un mantra a rovescio che moltiplica e contagia il male. E ci sono poi, nel re­gno della malavi­ta, gli attentati e gli avvertimenti per il pizzo, per l’usura, per i rac­ket violati, le vio­lenze nelle abita­zioni per rapina, la crudeltà dei tos­sici in astinenza, degli affamati, di chi proviene da mondi duri e di­sperati. Capitoli raccapriccianti ma a cui riesci a dare una spiega­zione. Però poi, quando non te l’aspetti, scoppia un ordigno nei pressi di una scuola e rinvieni so­lo tracce di coincidenze simboli­che: il nome della scuola, l’anni­versario dell’assassinio di Falco­ne, la tappa della carovana anti­mafia attesa in quei paraggi, il premio della legalità all’istitu­to... È l’unico nesso assurdo che riesci a rintracciare in una strage come questa, che poteva essere, solo per una fatalità di pochi mi­nuti, assai più sanguinosa. Allora pensi che la matrice, questa vol­ta, sia la criminalità di stampo mafioso, in una delle quattro va­rianti conosciute, che colpisce peraltro la regione del sud meno succuba di quelle associazioni a delinquere. Non la Sicilia, non la Calabria, non la Campania, ma la Puglia, seppure in una zona infe­stata dalla malavita... Sì, sarà co­me voi dite, sarà la malavita che manda segnali e minacce. Si, ma che razza di segnali, ad una scuo­la, alle ragazze. E allora torni al­l’interrogativo sgomento da cui sei partito: che c’entra l’adole­scenza di una ragazza di paese, non più bambina non ancora donna, con i loro disegni e i loro messaggi? E allora, per addome­sticare anche la più bestiale delle stragi, per ricondurla dentro un alveo, un’assurda catena di pre­cedenti, ti ricordi del rosario dei «che c’entra» e ti risale Piazza Fontana, poi Bologna, poi Roma, poi Firenze e tutta la scia di stragi insensate che non giovarono a nessuno e di cui nessuno mai be­neficiò. Hanno solo ucciso chi non c’entrava, campioni del­l’umanità presi a caso, un’astrat­ta cernita di vite concrete spezza­te, come accade nei riti sacrificali più cruenti e più primitivi, in cui il sangue più puro e più innocen­te meglio si addice al sacrificio. C’è qualcosa di diabolico nella strage di innocenti, che non è fun­zionale a nulla, nemmeno a spa­ventare per ottenere un risultato. Non un simbolo del potere o del­la sopraffazione, due genitori po­vera gente privati dell’unica loro proiezione di vita, la loro figlia. Qui non c’è, o non s’intravede, nemmeno un vago e delirante scopo, una punizione, una mi­naccia. Solo pura dimostrazione di potenza, di crudeltà senza limi­ti. Per un superstite amor patrio, mi illudo che la matrice sia alme­no straniera, una lotta per il con­trollo del territorio da parte di ma­fie venute da fuori; un estremo e forse patetico patriottismo per convincermi che non siamo arri­vati fino a questo punto. Ma conti­nua a mancare lo scopo. Il massi­mo che potranno sortire questi at­ti atroci sarà, dio lo voglia, una re­azione­virulenta degli apparati re­pressivi dello Stato verso la crimi­nalità comune, a cominciare da quella del posto. Ma la strage così com’è, non serve a nulla, è fero­cia per la ferocia, urlo di Satana, ebbrezza del maligno, avverti­mento della Bestia all'umanità.

Come gli uragani che seminano distruzione portano il nome in­nocuo e vago di ragazze, chiame­remo Melissa questo nuovo, in­sensato ciclone della crudeltà. Melissa, dal nome della sua iner­me vittima, buttata fuori dalla vi­ta mentre si affacciava appena, uscendo dal bozzolo della sua in­fanzia.

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