Caro Massimiliano Lussana, se un tale per avventura si trova a fare il candidato sindaco di Genova, allora uno come te, se non ci fosse, lo dovrebbe inventare. Perché di amici che ti dicono sempre sì se ne trovano; di nemici che ti dicono sempre che sbagli (e altro) pure. E anche troppi. Poi ci sono quelli che aspettano il vento. Ma uno che ti dice chiaro di essere un amico, e ti dice altrettanto chiaro quello che secondo lui non va bene, è raro.
Nell'editoriale di ieri mi rimproveri, con la consueta precisione, per quelli che consideri i miei tre errori di campagna elettorale (anche se poi, generosamente, proprio ieri ricordavi in un pubblico dibattito che se un candidato sindaco fa solo tre errori in due mesi di campagna, vuol dire che va alla grande). Volentieri rispondo, non certo per respingere gli addebiti, ma per ragionare sui tre punti insieme a te e soprattutto ai nostri lettori. Ringraziandoti per avere stimolato questo dibattito.
Primo. Le «case del sesso». Tra virgolette perché io avevo detto altro: e cioè che in alcune città europee, per concentrare e limitare il degrado indotto dalla prostituzione, evitare sfruttamento e schiavitù, agevolare i controlli sanitari e il contatto con le associazioni di volontariato, il fenomeno è concentrato d'autorità in una o due piccole strade, da cui è più facile stare alla larga. L'ho visto ad Anversa, dove insegno, l'ho sentito proporre per Roma dal prefetto Serra, che non è uno sprovveduto. Non è una mia «proposta», perché non ne so abbastanza sul tema per sapere se è la soluzione migliore. E ho nel frattempo avviato una serie di incontri con associazioni di volontari per saperne di più. Ma mi sembrava opportuno parlarne, visto che la sinistra (e non solo) ipocritamente finge che la prostituzione non esista, e l'abbia inventata io.
Secondo. I panifici chiusi per mancata emissione di tre scontrini. Insieme a Renata Oliveri, abbiamo sostenuto a chiare lettere che le leggi si rispettano tutte, anche quando si ritengono ingiuste, e le tasse si pagano tutte, anche quando si ritengono eccessive. Lo ribadiamo. E non abbiamo mai criticato la Guardia di Finanza e l'amministrazione per avere svolto il loro dovere e applicato la legge. Ma, appunto, critichiamo la legge: la quale mantiene un obbligo nel frattempo reso inutile dagli studi di settore, impone una punizione sproporzionata, mortificante, e che tra l'altro con la chiusura dell'esercizio danneggia l'Erario e i dipendenti.
Terzo. L'Aster. Vincenzi non è stata più liberale di me: ha responsabilizzato i lavoratori, che hanno proclamato uno sciopero contro di lei. Ma l'Aster non funziona perché nessuno controlla la qualità del servizio (a parte i poveri cittadini, sulla loro pelle), perché è sovvenzionata sostanzialmente a pie' di lista invece di applicare le arcinote e collaudate tecniche gestionali per ridurre i costi e aumentare la produttività. E perché il Comune, anziché ricorrere a gara pubblica come richiede l'UE (che infatti ha aperto una procedura di infrazione), ha affidato le manutenzioni direttamente ad Aster, addirittura con un contratto trentennale, che lega quindi i prossimi 6 (sei) sindaci a questo carrozzone, e toglie al management presente e futuro qualunque preoccupazione e quindi qualunque incentivo a ridurre i costi e aumentare la qualità.
Tutto qui. La mia inesperienza politica ha poi aggiunto in questi tre non facili passaggi di errori di metodo e di comunicazione - e forse anche di merito - dei quali mi scuso con i miei fantastici sostenitori. E nei mesi che ci separano dal voto probabilmente succederà ancora.
*candidato della CdL a sindaco di Genova
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