Miami-vice, la città del vizio è diventata un paradiso

I telefilm degli anni 80 e il film che sta per uscire nei cinema italiani raccontano un posto violento e pericoloso. Però basta passeggiare per le strade del centro per accorgersi che la realtà è diversa: ritmi lenti, bella vita e la notte che non finisce mai

Rieccoli. Azione, inseguimenti e bang. Sfrecciano tra i grattacieli di downtown, sfiorano le spiagge di South Beach, incrociano le discoteche e i locali notturni di Coconut Grove. E quando serve sparano. Stessi abiti di lino, stessi mocassini senza calze, stesse t-shirt soltanto un po’ meno colorate. Sonny & Rico sono tornati: danno la caccia ai trafficanti di droga, si infiltrano nei meandri del crimine, inseguono la delinquenza organizzata. Ed è ancora e sempre Miami Vice. Come quando negli anni Ottanta i telefilm, interpretati da Don Johnson e Philip Michael Thomas, divennero un cult, oggi la spettacolare pellicola di Michael Mann con Jamie Foxx e Colin Farrell nel ruolo dei due poliziotti dal grilletto facile, ha subito sbaragliato il botteghino americano e sicuramente farà altrettanto quando il 6 ottobre uscirà sugli schermi italiani. Ed è ancora e sempre Csi Miami, la serie tv ripresa mercoledì scorso su Italia 1, che vede la polizia scientifica a tu per tu con la mafia della città, le morti di spacciatori di droga, gli stupri di giovani ragazze, le gang criminali sempre sullo sfondo di una magnifica città dagli effetti speciali.
Ma l’eco dei proiettili cinematografici e televisivi arriva molto attutita in questa metropoli glamour e patinata. Qui dove le palme di sera sono vezzosamente addobbate da cerchietti fosforescenti, quasi lunari, e i palazzi di Collins Avenue cambiano abito ogni due minuti sotto i riflessi del neon in technicolor. Qui dove le insegne dei locali notturni di Ocean Drive diventano attrazioni scintillanti da luna park e l’atmosfera caraibica trasforma le spiagge di SoBe (South Beach) in una passerella senza fine di modelle, di joggers e di surfisti dall’animo vagante al ritmo di salsa. Qui dove il metromover, la metropolitana senza autista che volteggia su un binario simile ad un ottovolante, entra dritto nel cuore della finanza, cioè nei grattacieli postmoderni tutti a specchio di downtown e si appresta a farlo nelle centinaia di costruzioni che lentamente si elevano verso il cielo blu e modificheranno lo skyline della città.
Miami vice? Miami svice, piuttosto, verrebbe da dire, osservando con quanto swing si muove la città forse meno americana degli Stati Uniti. L’esatto contrario delle storie di terrore metropolitano raccontate nei film o nei telefilm. Soltanto l’atmosfera è quella delle pellicole che parlano di moda, di vizi e di sfizi decisamente trendy. Certo, capita ancora, a volte, di ricevere all’arrivo all’aeroporto un foglio di allerta: “Attenzione”, c’è scritto. “Questa è una città molto violenta. State distanti dalle strade di periferia la sera, evitate le strade isolate, potrebbe succedervi di trovarvi nel bel mezzo di una sparatoria”. Ed anche di fare brutti incontri nei quartieri allungati sul Miami River dove sui canali simili ad una piccola Venezia, accanto agli yacht e alle ville da mille e una notte, vi sono magazzini abbandonati trasformati in deposito di merce illegale portata direttamente dai Caraibi.
Ma invece chi qui ha deciso di viverci per qualche giorno o per sempre sa che può andare incontro a ben altre emozioni. E pensare che un tempo Miami era battezzata “la sala d’attesa di Dio” per il gran numero di anziani che traslocavano in Florida allo scoccare della pensione per godersi il clima mite, le tasse inferiori al resto d’America, un modo di vivere meno stressato che nelle altre metropoli a stelle e a strisce, se non fosse per il timore degli uragani che quest’anno si fa ancora più angosciante con l’arrivo di Ernesto. Perché qui anche chi non è attirato dallo struscio lento lento su Ocean Drive, chi non ama farsi largo tra le limousine, chi fa a meno dei cocktail shakerati, mescolati o frozen, chi non ci tiene proprio a scattare la foto ricordo davanti alla villa, ora diventata un hotel da mille stelle, dove fu ucciso Gianni Versace, chi non frequenta ristoranti cult come Joe’s Stone Crab per mangiare indimenticabili chele di granchi e key lime pie o quelli 24 ore su 24 come il Jerry’s Famous Deli che sfornano imperterriti pastrami, a base di manzo salato e affumicato, e centinaia di altri piatti, può spostarsi di qualche passo più in là, nell’Art Deco Historic District. Un quartiere un tempo decadente, dove si aggiravano soltanto criminali alla Miami Vice, ma che poi ha cambiato anima grazie al restauro di ottocento splendidi edifici decorati con motivi tropicali o aerodinamici colorati in tutte le nuance: vennero costruiti a South Beach inseguendo le suggestioni degli architetti che sul finire degli anni Venti si lasciarono incantare dalle bellezze messe in mostra all’Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne tenutasi a Parigi nel 1925: fenicotteri e raggi di sole, fari ornamentali ispirati all’architettura delle navi e fregi in rilievo su palazzi che mai e poi mai dovevano essere più alti delle bellissime e longilinee palme che svettano superbe in ogni angolo della città.
Ma l’arte qui non è statica. Si fa ammirare in molti altri punti della città, come nelle gallerie di Winwood, del Design district e di Coral Gables. Gallerie porte aperte a turno per una serata al mese quando diventano il fulcro della vita notturna e mondana, quando i pulmini trasportano i visitatori che le preferiscono alle discoteche e ai piano bar in un tour de force di vernissage, di calici di vino e formaggio dell’Ohio per una Gallery night da non dimenticare. E da concludere poi in qualche locale di Coconut Grove facendosi trasportare in risciò ad ammirare Byscaine Bay argentata al chiaro di luna. Trasgressiva, modaiola, multicolor, caraibica, salutista, kitsch, sorniona: questo e molto altro è Miami. È anche la terra di figure leggendarie, come quella dell’urbanista George Merrick. Merrick aveva un sogno: far vivere gli abitanti della città in quartieri modernissimi che però apparissero antichi e in stile mediterraneo. Fu così che nel 1921 convocò i migliori architetti per far loro progettare cittadelle a tema, dal French Normady Village al Dutch South African Village, surreali come un film di fantascienza. Una bizzarria ereditata dallo zio che fece costruire a Coral Gables uno dei più bei gioielli architettonici di Miami, la Venetian Pool, una gigantesca piscina con cascate, ponti, edifici lagunari dove si allenarono anche Esther Williams e Johnny Weismuller, a pochi isolati dal Biltmore Hotel, edificato nel 1926 per volere dello spirito senza frontiere di Merrick su modello della Giralda, la torre campanaria della cattedrale di Siviglia, che s’affaccia sul river percorso dalle gondole.

Un simbolo della città carico di suspense e di mistero: qui Al Capone aveva uno spaccio clandestino di alcolici e la sua suite è ancora oggi abitata dallo spirito di Fats Walsh che vi fu assassinato decine di anni fa. La squadra di Miami Vice avrebbe di che indagare.

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