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MiArt, lattrattiva di Milano e le potenzialità della fiera
Lultima edizione di MiArt si è chiusa con un miglioramento sensibile di tutti i dati fieristici, con un aumento del 26 per cento dei visitatori e la presenza di 213 gallerie (di cui una quarantina estere). Eppure lunedì scorso, nellarticolo «MiArt, la fiera che non decolla» in questa stessa pagina, sarebbero stati individuati alcuni punti deboli: la sua «aspecificità» e il minimalismo dellallestimento, lassenza delle più importanti gallerie darte lombarde e di significative gallerie estere, la mancanza di opere darte di rilievo nel settore Moderno.
Il profilo di MiArt fin dalla prima edizione è quello di una fiera di alta qualità che presenti tutti i settori dellarte, dallinizio del 900 alla sperimentazione più recente. Non a caso da anni dedica attenzione speciale allarte giovane, con la sezione Anteprima e iniziative come il Premio New York, alle arti decorative e alla video art. Daltro canto, si è mai sentito che le fiere di Colonia o di Basilea, in quanto aperte allintero scenario artistico, non abbiano una loro netta fisionomia? Così come lallestimento, volutamente «minimalista» (come sollecitato dai galleristi) ma prestigioso in quanto realizzato negli spazi moderni di Fieramilanocity, è stato pensato per valorizzare le opere darte.
In merito alla mancanza di «pezzi da novanta», se è vero che le gallerie citate nellarticolo erano assenti, è altrettanto significativo che altre gallerie leader scelgano da anni MiArt perché credono alle potenzialità dellevento. Per non parlare delle partecipazioni estere: da top players come Galerie 1900-2000, Sprueth-Magers, Archeus/Austin Desmon o Ben Brown alla presenza di ben 468 artisti esteri (quasi il 50 per cento degli artisti rappresentati negli stand). E poi la Cina: il grande Szeemann ce lha fatta conoscere già negli anni 80, ma nessunaltra fiera occidentale - prima di MiArt - ha mai raccolto le dieci gallerie più prestigiose che si muovono fra Pechino e Shanghai. A parte loggettività dei dati, serve forse ricordare che MiArt si fregia del titolo di «fiera internazionale» non per auto-nomina, ma perché il numero degli espositori esteri è stato accertato dal ministero delle Attività Produttive e confermato di anno in anno dalla Regione Lombardia.
Infine la questione del Moderno: Massimo Di Carlo, intervenendo come presidente dellAssociazione galleristi, ritiene che le grandi opere del passato siano ormai introvabili o in mano alle potenti case dasta. Opinione rispettabile ma discutibile: a MiArt erano esposti capolavori assoluti come un Balla predivisionista o un Sironi museale o, ancora, la Wunderkammer allestita quasi in sordina da Claudia Gian Ferrari. Credo infine che il merito di MiArt sia anche quello di aver introdotto su un mercato dinamico come quello milanese un criterio di trasparenza, grazie al quale tra galleristi e collezionisti può svilupparsi un confronto chiaro nella valutazione delle opere darte.
* Presidente
Fiera Milano International
Il profilo di MiArt fin dalla prima edizione è quello di una fiera di alta qualità che presenti tutti i settori dellarte, dallinizio del 900 alla sperimentazione più recente. Non a caso da anni dedica attenzione speciale allarte giovane, con la sezione Anteprima e iniziative come il Premio New York, alle arti decorative e alla video art. Daltro canto, si è mai sentito che le fiere di Colonia o di Basilea, in quanto aperte allintero scenario artistico, non abbiano una loro netta fisionomia? Così come lallestimento, volutamente «minimalista» (come sollecitato dai galleristi) ma prestigioso in quanto realizzato negli spazi moderni di Fieramilanocity, è stato pensato per valorizzare le opere darte.
In merito alla mancanza di «pezzi da novanta», se è vero che le gallerie citate nellarticolo erano assenti, è altrettanto significativo che altre gallerie leader scelgano da anni MiArt perché credono alle potenzialità dellevento. Per non parlare delle partecipazioni estere: da top players come Galerie 1900-2000, Sprueth-Magers, Archeus/Austin Desmon o Ben Brown alla presenza di ben 468 artisti esteri (quasi il 50 per cento degli artisti rappresentati negli stand). E poi la Cina: il grande Szeemann ce lha fatta conoscere già negli anni 80, ma nessunaltra fiera occidentale - prima di MiArt - ha mai raccolto le dieci gallerie più prestigiose che si muovono fra Pechino e Shanghai. A parte loggettività dei dati, serve forse ricordare che MiArt si fregia del titolo di «fiera internazionale» non per auto-nomina, ma perché il numero degli espositori esteri è stato accertato dal ministero delle Attività Produttive e confermato di anno in anno dalla Regione Lombardia.
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