Micaela Brignone e «L’infima commedia»

Amore e limiti che l’uomo vuole superare nel racconto ispirato da Garcia Lorca

Matteo Failla

Quando Il maleficio della farfalla di Federico Garcia Lorca debuttò nel 1921 fu un incredibile insuccesso, che pesò non poco sulle spalle di uno dei più grandi poeti del Novecento. A distanza di decenni, dopo essere passata per molte rivisitazioni ed interpretazioni, quest’opera torna protagonista attraverso una libera ispirazione di Micaela Brignone, che porterà sul palco del Teatro della Contraddizione (via della Braida 6), fino al prossimo 18 dicembre, la sua L’infima commedia. Lo spettacolo riprende sia nella struttura che nei personaggi protagonisti Il maleficio della farfalla, ma punta tuttavia maggior attenzione sul tema dell’impossibilità e dei limiti.
Cos’è cambiato nella sua «Infima commedia» rispetto all’originale di Garcia Lorca?
«Diciamo che la struttura è rimasta intatta – spiega Micaela Brignone – mentre sono cambiati gli intenti drammaturgici; ho cercato di mettere maggiormente a fuoco alcuni temi che mi sono sembrati importanti. La favoletta narrata in questo spettacolo è in realtà una maschera utilizzata per raccontare l’uomo, una metafora per indagare a fondo la sua natura. In questa mia libera ispirazione è come se il narratore divenisse personaggio che, pur rimanendo esterno, si fa tramite sulla scena».
Nel prologo Garcia Lorca scriveva «Questa è una commedia modesta e inquietante»: lo è anche la sua?
«Credo proprio di sì. I personaggi principali sono anche qui scarafaggi e animaletti vari, quanto di più lontano e modesto rispetto al teatro del realismo borghese tanto di moda ai tempi di Garcia Lorca, mentre l’inquietudine procede progressivamente nel corso dello spettacolo, raggiungendo il culmine nella fase finale; ma si vede anche una certa leggerezza nel testo. E poi rimane un’opera assolutamente attuale, la metafora attraverso la quale si sviluppa la trama è universale e contemporanea».
Perché, secondo lei, «Il maleficio della farfalla» fu inizialmente un insuccesso?
«È difficile rispondere, certamente il teatro di quegli anni non era pronto ad un’opera del genere. E poi quegli esseri insignificanti e brutti sul palco, quella strana ambientazione: posso capire perché lo sia stato».
Su quale tema principale è focalizzata l’attenzione de «L’Infima commedia»?
«È presente sicuramente l’amore, ovviamente la poesia, ma il tema principale è l’impossibilità, la rappresentazione dei limiti che una persona vuole superare. Gli altri temi è come se fossero accessori, tutto si gioca intorno a ciò che è così e basta e a chi invece sceglie la via del rischio senza conoscere cosa effettivamente sta affrontando: e si ritrova così di fronte al “limite”».
In questo testo la poetica di Garcia Lorca era già matura o ancora in fase di sviluppo?
«Era ben presente, aveva già in sé tutte le caratteristiche che riaffioreranno anche nei successivi anni.

È un testo molto poetico, e questa potrebbe essere un’altra delle difficoltà per le quali il testo ha avuto un iniziale insuccesso. Del resto il contrasto che crea un linguaggio di questo genere in bocca a degli scarafaggi è sotto gli occhi di tutti».

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