"Le mie dimissioni? Mai. Ed è giusto darci le armi"

Il comandante dei vigili Tullio Mastrangelo nega che la polizia locale sia impreparata: "Il mio agente ha detto che ha sparato per difesa. L’indagine chiarirà"

"Le mie dimissioni? Mai. Ed è giusto darci le armi"

«Le mie dimissioni? Mai». Non sono ore facili, per Tullio Mastrangelo. La polizia locale è di nuovo nella bufera. Un altro fatto di cronaca, dopo la tragica morte di Niccolò Savarino, travolto e ucciso da un Suv lo scorso 12 gennaio alla Bovisa. Ma ora è diverso. A essere sotto accusa è un ghisa. E l’accusa è pesante. Omicidio volontario.
Comandante, subito dopo la morte del 28enne cileno ucciso da un colpo esploso da Alessandro Amigoni, ha detto che l’agente ha sparato per difendersi. Il quadro sembra cambiato.
«Ho piena fiducia nella magistratura e nella Squadra mobile. Vedremo cosa emergerà dalle indagini, ma siamo sereni. Ieri (lunedi, ndr) ho solo riportato quello che mi era stato riferito sul luogo della sparatoria, dove sono arrivato soltanto dopo mezz’ora dall’accaduto. Francamente non avrei potuto dire il contrario. Sono stato alla ricostruzione fatta dal mio agente».
Che da ieri la Procura accusa di omicidio volontario con dolo eventuale.
«Speriamo che Amigoni possa dimostrare che le cose sono andate come ha detto, ma c’è un iter giudiziario da seguire. Ripeto che ho detto a caldo quanto mi era stato riferito, non avrei avuto motivo in quel momento per non credere a quello che mi avevano detto i miei agenti».
Ha avuto modo di conoscere l’agente Amigoni?
«L’ho incontrato, ma non posso dire di conoscerlo. Era arrivato dal comando di Gorgonzola un anno fa. Ad ogni modo, prima di dare giudizi sommari aspettiamo che le indagini facciano il loro corso. E soprattutto che si arrivi a una sentenza. Qualunque essa sia, di condanna o assoluzione. Ma prima di dare giudizi deve arrivare una sentenza irrevocabile».
Che effetto le ha fatto quell’immagine postata su Facebook, in cui Amigoni imbraccia uin fucile giocattolo?
«Credo che quando Amigoni l’ha messa su Facebook non si sia reso conto delle conseguenze. Non ne sapevo nulla, e se l’avessi saputo gli avrei chiesto di rimuoverla al più presto. Perché un’immagine del genere crea un danno alla sua immagine e anche a quella della polizia locale».
Avete già preso qualche tipo di provvedimento nei confronti dell’agente Amigoni?
«Al momento è stato trasferito negli uffici delle procedure sanzionatorie, e gli è stata tolta l’arma. Vedremo cosa accadrà con l’indagine della Procura e della Squadra mobile, di cui abbiamo piena fiducia. Aspettiamo che il lavoro dei magistrati e della polizia chiarisca quanto è successo lunedì».
Ora arriveranno inevitabili le polemiche. Crede che sia giusto armare la polizia locale?
«Sì, assolutamente».
Però poi capitano fatti come quello di Crescenzago.
«Purtroppo fa parte dei rischi che si possono correre nell’espletamento del servizio. Noi operiamo 365 giorni l’anno, e fatti tragici come questi possono accadere. Così come è successo che a morire sia stato il povero Niccolò (Savarino, ndr)».
È possibile che l’addestramento a cui sono sottoposti gli agenti non sia sufficiente?
«La formazione della polizia locale di Milano è valida. La nostra scuola è di alto livello, tra le migliori d’Italia. Ogni anno facciamo molte esercitazioni. Però i contesti operativi non sono prevedibili».
Ora la palla è in mano ai magistrati, ma tra poco passerà alla politica. Se dovesse essere confermata l’ipotesi della Procura, teme che qualcuno possa chiedere la sua testa?
«Sono sereno e a disposizione. Un conto è se a fare le indagini sulla sparatoria di lunedì fossi stato io. Ma, ripeto, ho parlato a caldo. E detto che Amigoni ha sparato per difendersi perché è quello che mi hanno riferito i miei agenti.

Non essendo stato sul posto al momento della sparatoria, non avevo motivo per dubitare della loro versione. E non posso certo inventarmi le cose. Se i fatti sono andati diversamente, lo stabiliranno i giudici».
Niente dimissioni allora, nemmeno se il quadro dovesse peggiorare?
«No».

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