Trentanni fa sembrava scherzarci su, e cantava Super Superman. Fu la prima hit, e di botto si ritrovò in testa alle classifiche e anche, a dire il vero, in testa ai pensieri delle ragazzine di tutto il mondo. Oggi - parecchi dischi di successo, tatuaggi virtuali a fini di copertina (per lalbum best seller Papito) e un coming out dopo - Miguel Bosè fa molta fatica a non considerarsi tale. Un «superman», cioè.
È una stagione di certezze granitiche per il cantante, compositore, conduttore televisivo, attore spagnolo, e queste sembrano esplodere tutte nel suo ultimo disco. E non solo nel suo disco, perché al passaggio milanese per promuovere Cardio - in uscita dal 16 aprile su etichetta Carosello, già disco doro in Spagna, platino in Messico e platino in prenotazione in Italia - Miguel non si risparmia come politologo e opinionista, riservando stilettate a destra e a manca (errata corrige: solo a destra), regalando una cascata di luoghi comuni in salsa sinistrese, da Cuba a Obama, da Bush al Vaticano e anche, su gentile richiesta, sulle cose di casa nostra. Ma prima la musica. A tre anni dal successo di Papito (un milione e mezzo di copie), Bosè sforna un album di tredici tracce colorate di ritmo e di variegati influssi pop. Una fatica che lui definisce «solare, piena di buone vibrazioni». A prendere per mano lalbum, in anticipo sulluscita, il singolo italiano dal titolo Per te (presente nella tracklist anche nella versione spagnola), riadattato per la piazza tricolore da Jovanotti. «Lorenzo, che avevo incontrato al concerto Paz sin fronteras a La Havana a settembre, ha realizzato un testo fedele alloriginale. Ho subito pensato a lui per questo lavoro: perché conosce bene lo spagnolo e perché intende alla perfezione le mie sfumature, spiega Miguel. Nel disco, alla spensieratezza del pop diffusa nelle sonorità, corrisponde un gioco continuo letterario tra temi leggeri - come l'amore o l'illuminazione per la dieta ayurvedica («sono passato da 104 chili dei tempi di Papitour ai 78 di oggi», commenta entusiasta lui) - e riferimenti più «impegnati», come quello della pace in Jùrame o dei fanatismi religiosi in Y poco màs. Ma se qualcuno fosse tentato di pensare agli estremismi religiosi di habitat, diciamo così, mediorientale, deve ricredersi. È al Vaticano e al potere dell'Opus Dei («Alcune persone vi entrano come si entra in Al Qaida o nel tunnel dell'eroina, per debolezza. Una mia segretaria ne faceva parte poi grazie al cielo ha scoperto il sesso», Bosè dixit) che Miguel pensa: «L'Italia è troppo vicina al Vaticano - questo il Bosè-pensiero, che a dir la verità non suona inedito - e se ne fa condizionare su temi come l'aborto e i diritti dei gay». Tutt'altra cosa la Spagna: «In Spagna - precisa - non gliene frega niente a nessuno della sessualità delle persone».
L'esperienza del maxi concerto Paz sin fronteras a L'Havana - un milione e mezzo di persone - è l'occasione per distillare alcune certezze in serie: sull'embargo Usa a Cuba che deve finire («una tortura», evidentemente l'unica che Bosè identifica sull'isola al momento: i dissidenti ringraziano), sulla destra di casa nostra: «Non sono un uomo di destra, non potrei esserlo nemmeno dopo una lobotomizzazione - commenta divertito Miguel - ma capisco che una destra ci vuole nelle democrazie. Però deve essere moderna e dialogante, non un ritorno al passato». Insomma, che passi l'esame di Super Superman.
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