Franco Ordine nostro inviato a Verona A furia di ballare sul burrone, il Milan precipita per davvero. E nella caduta si procura danni clamorosi che possono lasciare il segno. Non sempre, come accadde una settimana prima a San Siro col Lecce, c’è un santo protettore che compie un miracolo dei suoi (ogni riferimento a Inzaghi è voluto) e rimette la squadra in corsa. Stavolta il Milan scivola, malinconico, in classifica a otto punti potenziali dalla Juventus. E se la Fiorentina dovesse avere un altro colpo d’ali oggi, addio scudetto e secondo posto in un colpo solo. Complimenti ad Ancelotti e ai suoi cavalieri della tavola rotonda. Di sicuro a Verona, al cospetto del Chievo che non è un rivale irresistibile ma tosto ed umile, al culmine di venti partite (14 di campionato più 5 di coppa Campioni e 1 di coppa Italia) la quarta sconfitta collezionata dai rossoneri mette fine alle illusioni, rette da quella striscia superba di otto vittorie consecutive interrotta dalle sculacciate di Firenze. Tra due giorni, martedì sera, c’è lo snodo decisivo in Champions league contro lo Shalke 04: in poche ore il Milan rischia di dilapidare tutte le sue fortune. Le spiegazioni del tonfo di ieri sera sono così semplici da risultare persino banali. Il Milan ripete errori ed omissioni commessi in altre circostanze, come a Firenze, per esempio. Con una difesa così, che imbarca acqua anche dopo un semplice acquazzone, non si può fare molta strada. 15 gol subiti in 14 gare sono una media da retrocessione, altro che storie. E se nella serata si verifica, oltre alla tradizionale disattenzione di Kaladze, anche il tracollo dell’unico puntello di cemento armato, Nesta cioè, allora il 2 a 1 del Chievo è un passaggio razionale di una partita nata sotto altri segni del destino. La difesa è un colabrodo (poi esce anche Maldini, infortunato, salterà lo Schalke) ma anche il rendimento del centrocampo è in profondo rosso e non solo perché Jankulovski, sostituto di Seedorf, è un palo della luce. Pirlo, che del gioco milanista è la password, non riesce quasi mai ad aprire il proprio computer: i ragazzi di Pillon gli montano una guardia spietata. Terzo fattore: se la resa di troppi esponenti dell’ex armata berlusconiana (Nesta in difesa con Kaladze, Jankulovski con Rui Costa, più Gilardino e Shevchenko in attacco) è deficitaria, per il Milan non c’è scampo. Anche perché nell’occasione, dopo il vantaggio improvviso e velleitario di Kaladze (colpisce di testa, il portiere respinge e lui ha il tempo di ribadire in gol), il re del gol, Shevchenko manca, a porta vuota, il sigillo del 2 a 0 (da cross del redivivo Kaladze) che può addirittura chiudere la sfida e il primo tempo in modo diverso, molto diverso. Dal possibile doppio vantaggio, invece, si passa all’1 a 1 sul finire della prima frazione. D’accordo, sul pari di Pellissier (lanciato da Sammarco) c’è il sospetto di un fuorigioco, ma che nessuno sventoli questo alibi: non regge, non può reggere. Perché nella ripresa, il Milan gioca a una porta senza mettere i brividi a Squizzi, sbaglia una sostituzione (via Sheva e invece è Gilardino a meritarla) e quando invece Tiribocchi rimpiazza Amauri, crollato fisicamente, il Chievo riesce ad apparecchiare una serata memorabile. Il giovanottone di origine torinista (proprio come Pellissier), duetta con Obinna, si fa dare palla, scherza Nesta e dal limite, con l’esterno del piede destro uccella Dida.
Non è una semplice sconfitta, né un piccolo infortunio: è la resa dei conti. Per Ancelotti, le sue scelte sgangherate e una squadra che è capace solo di dannarsi, da Istanbul in avanti. Ma non è finita qui: martedì sera c’è il rischio di perdere anche l’Europa. Tremate, le streghe son tornate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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