Milan colabrodo travolto dal Palermo

Gian Piero Scevola

nostro inviato a Palermo

Salutato ormai definitivamente lo scudetto, il Milan dà l’addio anche alla coppa Italia e lo fa nel modo meno dignitoso possibile, perdendo con un secco 3-0 contro un Palermo rinvigorito dalla cura Papadopulo. Una battuta d’arresto in trasferta, l’ennesima, che mette impietosamente a nudo i limiti di una squadra che non riesce più a trovare la matassa del gioco e che, senza Shevchenko, davanti appare sterile e prevedibile in Gilardino, con il solo Kakà che riesce ad avere qualche sprazzo di classe. Troppo poco per tentare quell’accoppiata riuscita nel 2003: allora Champions e coppa Italia andarono ad arricchire la bacheca di via Turati, quest’anno per i rossoneri sembra riproporsi l’annus horribilis appena messo alle spalle, quando andarono in bianco in Italia e in Europa.
E il caso Milan apre anche il caso «portieri». Di Dida in crisi si sa già tutto, che lo fosse anche il suo sostituto, l’australiano Kalac, questa si che è una novità. Si spiega allora il perché Guus Hiddink, ct dell’Australia qualificata ai mondiali, non abbia messo tra i pali dei canguri, nelle partite decisive, il lungo Kalac. È bastato vedere come si è fatto uccellare da un preciso pallonetto di Gonzalez in occasione del primo gol, per capire tante cose. E vederlo poi indeciso, all’inizio del secondo tempo: esco, non esco su Gonzalez e beccarsi la terza rete. Allora è proprio vero che a questo Milan masochista piace farsi male da solo. Perché in certi lunghi momenti, è sembrato di vedere in campo una squadra senza animo, senza spina dorsale, con la testa chissà dove e le gambe molli. Prospettiva preoccupante per i rossoneri che, fra tre settimane, dovranno vedersela nei quarti di Champions con il Bayern.
Il fatto è che vedere i rossoneri in completa balìa del Palermo post Del Neri, quello stesso Palermo al quale Papadopulo sembra avere fatto un’iniezione di peperoncino tanto era lo sprint e la voglia di correre e lottare dei rosanero, è più che emblematico. In mezzo al campo un rigenerato Corini fa vedere i sorci verdi a Seedorf, quel folletto scatenato di Mariano Gonzalez semina panico spostandosi su tutto il fronte dell’attacco. Davanti, poi, il guizzante Di Michele (che si mangia due gol già fatti) e il corazziere Caracciolo mettono spesso in crisi due monumenti come Stam e Nesta, anche se il difensore azzurro si carica sulle spalle la responsabilità di una difesa ballerina.
Parte forte il Palermo e Di Michele al 4’ non riesce ad approfittare di una leggerezza di Nesta. All’8’ Kakà ha l’occasione buona ma prima Biava e poi Andujar ci mettono una pezza. Un minuto dopo il gol gioiello di Gonzalez con Kalac impietrito e al 19’ il raddoppio di Caracciolo, dopo uno scambio con l’onnipresente Gonzalez. Di Michele si mangia un’occasione colossale al 30’. Nella ripresa il terzo gol con Gonzalez e mummia Kalac fermo a guardarlo.

Poi è una sequela di cambi, con Ancelotti che invano le prova tutte per tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti. E il suo commento finale è sconsolato: «È un momento delicato, c’è da pensare alla Champions, serve più attenzione».

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