«Sono contentissimo, la situazione non era facile, adesso torno a Milano in un’altra squadra. Sono qui perché il Milan è uno dei club più forti del mondo e giocheròcon Ronaldinho in un attacco fantastico. So che i tifosi del Milan vengono allo stadio per divertirsi e ora dipende da noi.Ai tifosi dell’Inter non devo dire niente, loro hanno vinto tutto e hanno altre cose a cui pensare». È Zlatan Ibrahimovic, è qui questa mattina all’ora di pranzo, atterra all’Ata di Linate con Galliani e Raiola, questa sera è a San Siro. Solo 24 milioni spalmati in quattro anni, tre rate, quest’anno è gratuito, ingaggio ridotto di un terzo: sono le cifre di Zlatan Ibrahimovic al Milan, un capolavoro quasi inspiegabile, un trionfo della strategia di Adriano Galliani nel quale rientrano diverse componenti, ma il pilota è lui: «Abbiamo definito tutto - sono le 21,30, a Milanello si sta rialzando in volo l’elicottero di Silvio Berlusconi protagonista di un blitz alla squadra- . È un prestito con diritto di riscatto, adesso non abbiamo handicap strutturali ma una squadra in grado di competere. Lunedì le visite mediche prosegue Galliani - , poi la firma, parte con la nazionale e quando torna lo presentiamo ». Un’operazione che fino a pochi giorni fa sembrava follia. Ibra era stato pagato cinquanta milioni di euro solo un anno fa, 22 gol in 46 partite al Barcellona e un rapporto che si è lentamente logorato fino a quando Pep Guardiola lo ha messo sui bancali di uno spaccio aziendale, cancellato, neppure convocato per l’esordio in Liga contro il Racing Santander: «Sono infastidito da questa situazione - ha confessato l’allenatore del Barcellona - , in una situazione normale l’avrei portato con noi. È tutto assurdo, di Raiola non parlo». Ibra e Guardiola si sono lasciati malissimo, e Mino Raiola ne sa qualcosa. Il procuratore di Ibra ha creato i presupposti per il capolavoro, ha reso impossibile qualunque ipotesi di compromesso, è arrivato perfino a mettere in discussione la panchina dell’allenatore dei sei trofei in una stagione, gli ha dato dell’infermo mentale, ha costretto il Barcellona, celebrato come uno dei club più aperti e sensibili, a prendere posizione con un comunicato contro di lui. Ma senza questo lavoro ai fianchi, sfinente, corrosivo dell’agente Fifa Carmine Raiola, difficilmente il Barcellona si sarebbe seduto a un tavolo a trattare. E questo nonostante la squadra non gradisse gli atteggiamenti dello svedese, la stampa spingesse per una sua cessione, e Guardiola ne avesse chiesto la testa già a metà stagione. Doveva essere l’uomo in più dei campioni del mondo, il calciatore che perpetuava il ciclo. E lui era lì per vincere tutto, pallone d’Oro compreso. È stato invece accusato di ogni vetro che si rompeva nel club dei campioni del mondo, il primo colpevole del fallimento in Champions, due sostituzioni in semifinale proprio contro la squadra che aveva lasciato per vincere tutto sono bastate per cancellarlo dalla ramblas. In tutto questo si è inserita a meraviglia la diplomazia e l’abilità di Adriano Galliani, tutti avevano capito subito che l’Amministratore delegato del Milan era in Spagna per tornare con l’oggetto.A nessuno è neppure sfiorato per un attimo l’idea che ci fosse il rischio di un viaggio a vuoto. È partito largo, dimesso, ha cercato un prestito gratuito, al massimo una partecipazione all’ingaggio ma meno del cinquanta per cento, diceva che non aveva soldi: «Guardate anche voi, non abbiamo preso nessuno ». I quattrini erano caldi per l’unico colpo che avrebbe dato un senso, inutile prenderne dieci, ne prendi uno, quello che fa alzare anche gli storpi dalle brande. Ibra al Milan è la contraddizione all’estremo, il giocatore interista più odiato dai milanisti, il più antipatico al resto dell’Italia. Adesso è quello più invocato, quello che fa dimenticare Ricardino Kakà e questa sera farà raddoppiare la gente allo stadio. Quello che mette il Milan in prima fila per scudetto e Europa, quello che fa dire a un prudentissimo Allegri: «Con Ibra, Pato e Ronaldinho ho l’attacco più forte d’Europa». È arrivato Zlatan Ibrahimovic, si lega al Milan per quattro anni e porta in dote scudetti in serie, Ajax, Juventus, Inter e Barcellona, dove va li vince, Allegri è avvisato. Ibra sarebbe quasi perfetto se assieme a lui non ci fosse anche Mino Raiola, il procuratore che ogni calciatore vorrebbe avere e ogni presidente vorrebbe evitare.
Ha tentato perfino di strappare una buonauscita a Rosell, non ce l’ha fatta: «Purtroppo nessuna buonauscita dal Barcellona», era delusissimo, fra Ibra e SuperMario è stata un’estate da sceicco. Il resto sta per iniziare, questione di poche ore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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