In qualunque altro club, tranne che al Milan, questa sarebbe stata «l’ora delle decisioni irrevocabili». Fuori Dida. «Se ci fosse un Buffon come secondo o un Cech come terzo, Ancelotti lo farebbe al volo» chiosa un tifoso beninformato. L’affare Dida, qui parliamo del versante tecnico e calcistico, è invece un autentico rompicapo. Qualche mese fa giocò a poker col Milan e vinse la partita: a scadenza di contratto, senza uno straccio di proposta alternativa, tenne duro fino alla vigilia del derby di ritorno quando ottenne da Galliani la riconferma ad una cifra molto alta, quasi 4 milioni di euro. Mossa incomprensibile ai più ma resa indispensabile dal no del presidente Berlusconi all’operazione Buffon (valore 100 milioni di euro tra cartellino e stipendio per quattro anni). «Noi andremo avanti con Dida» detta Ariedo Braida che qui scolpisce la linea politica del Milan, mai decidere sull’onda emotiva di un errore o di una sceneggiata. Con questa tecnica, che è anche una filosofia di vita, il Milan accompagna a fine carriera tutti i grandi vecchi e incassa risultati e successi insperati. Ma anche qualche rovescio.
La questione portieri del Milan è in un vicolo cieco. Perché Dida, per esempio, viene recuperato in tutta fretta per Glasgow a causa della scarsa fiducia nei confronti del suo vice, Kalac, sotto accusa col Catania. Ma se non si fidano di Kalac, perché riconfermarlo in estate? Ecco il quesito pertinente da girare, in questo caso, alla società visto che lo staff tecnico suggerì di potenziare almeno la casella del portiere numero due trattenendo Abbiati di ritorno dal Toro (ceduto poi in prestito all’Atletico Madrid) e lasciando partire l’australiano di origine croata.
Chissà, forse Ancelotti avrebbe dovuto imporsi, ma sul mercato più recente del Milan, pesano le strategie economiche dell’azionista che tende a ridimensionare gli investimenti. «Si poteva ridurre la rosa da 28 a 22 e prendere lo stesso Buffon» l’osservazione di Sacchi che invita a non dare per morto il Milan, neanche dopo Glasgow. «Ci ha smentito puntualmente» ricorda l’Arrigo. Dida è dunque una spina nella gola, all’Olimpico ci sarà secondo le prime voci provenienti da Milanello e perciò ogni valutazione sul suo futuro sarà presa durante la sosta delle nazionali. Il suo destino è nelle mani di Galliani e Ancelotti, chiamati, ciascuno nel proprio ambito, a prendere una decisione forte e chiara. Dentro o fuori dalla porta, senza se e senza ma. Berlusconi è dalla sua parte: un gran bel vantaggio.
Ma sarebbe molto riduttivo chiudere dentro il recinto Dida, tutti gli affanni, i ritardi e i limiti del Milan attuale che parte dal portiere e poi passa attraverso un numero ridotto di affidabili e si conclude con l’elettroencefalogramma piatto del gioco d’attacco. Inzaghi o Gilardino non conta granché: è la forza della squadra a portare su il pallone che manca. A Glasgow, senza il rigore, sarebbe stato impossibile fare gol.
E nel frattempo Pirlo ha una caviglia gonfia, Seedorf è tornato con un acciacco muscolare, Kakà idem (ha preso a circolare la sua frase: «un giorno vorrei giocare con Real o Barcellona»). La nottata deve ancora passare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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