Milanese, il voto sull’arresto slitta a settembre

L’aula di Montecitorio si pronuncerà martedì prossimo in merito all’autorizzazione all’acquisizione dei tabulati telefonici e all’apertura delle cassette di sicurezza del deputato Marco Milanese. Oggi la Giunta per le autorizzazioni ha già dato il suo placet all’unanimità, mentre ha deciso a maggioranza di far slittare al 16 settembre il voto dell’aula sull’arresto dello stesso Milanese, rigettando così la proposta di Marilena Samperi (Pd) e Federico Palomba (Idv) di votare martedì anche per l’autorizzazione all’arresto. Intanto il deputato finito sotto inchiesta a Napoli e a Roma ha annunciato querele per i giornali che ieri riportavano le dichiarazioni dell’imprenditore Tommaso Di Lernia. Sono i suoi legali, Franco Coppi e Bruno Larosa, ad annunciare l’iniziativa. Milanese, spiegano, smentisce «categoricamente» le dichiarazioni di Di Lernia e ha annunciato querela per calunnia, fiducioso che l’autorità giudiziaria smaschererà la «macchinazione messa in atto nei suoi confronti da gente senza scrupoli». Poi, pensando al voto di settembre sull’arresto, i legali aggiungono: «Milanese auspica che i colleghi deputati si rendano conto che è in atto una precisa strategia persecutoria con ben definiti fini illeciti che vede la magistratura strumento inconsapevole di essa». Di Lernia - a quanto scrivono i quotidiani - avrebbe dichiarato al pm di Roma, in un interrogatorio dell’11 luglio scorso, che il canone sarebbe stato pagato da Angelo Proietti, titolare della società Edil Ars, che avrebbe ristrutturato gratuitamente l’appartamento ottenendo appalti dalla Sogei. I soldi sarebbero stati consegnati da Proietti a Milanese. Quest’ultimo nella sua memoria difensiva fornisce una versione affatto diversa. Dove sostiene che provvedeva direttamente al pagamento del canone mensile di 8.

500 euro ricevendo 4mila euro al mese dal ministro Tremonti. Da un ex dirigente Sogei, Francesco Scolamiero, arriva un’altra accusa per Milanese. «In Sogei tutti sapevano - spiega Scolamiero all’Espresso - che era lui a comandare e che agiva per conto del ministro».

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