Milano - Un animale da un metro e 80, pregiudicato, sieropositivo, già arrestato per stupro. Non poteva capitare in mani peggiori la diciassettenne aggredita in stazione Centrale sabato pomeriggio. Per fortuna è riuscita a divincolarsi e indicare l’aggressore ai poliziotti, arrivati tempestivamente grazie all’allarme lanciato da un barbone. E nemmeno le manette sono riuscite poi a calmarlo: ha aggredito gli agenti, sia al momento dell’arresto, sia qualche ora dopo negli uffici della Polfer.
Michele Ruggeri ha 38 anni ed è originario di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia. Una vita bruciata dall’eroina e minata dall’Aids, con una sfilza di precedenti lunga un chilometro. In particolare reati legati al consumo di stupefacenti, ma soprattutto al suo carattere violento: risse, lesioni, resistenza alle forze dell’ordine. Compare a Milano a fine 2006 e, come tutti gli sbandati, si piazza in Centrale e subito si segnala per un scontro con una pattuglia della Polfer. Poi la patente ritirata perché guidava in stato di ebrezza infine a febbraio 2007 il fatto più grave, uno stupro per il quale finisce a San Vittore. Qualche settimana ed è già fuori a fare danni. L’ultimo appunto sabato scorso.
Sono circa le 17, la vittima sta attraversando la galleria delle carrozze, per andare dalla mamma che lavora in Centrale. Viene intercettata dal balordo che la trascina dietro uno dei numerosi pannelli che coprono le impalcature. Da mesi infatti l’edificio, costruito durante il fascismo, è oggetto di un radicale intervento di ristrutturazione. La scena viene notata da un altro clochard che, incurante della «legge della stazione» che impone a ognuno di «farsi gli affari propri», si precipita in cerca di aiuto. E lo trova sotto forma di un paio di agenti in borghese che guiderà verso il luogo dell’aggressione.
Intanto dietro quel pannello sta per consumarsi il dramma. L’uomo si è slacciato i pantaloni e cerca di spogliare la ragazza. Per fortuna lei non cede, continua a dibattersi con tutte le forze fino a quando miracolosamente riesce a liberarsi. Esce allo scoperto piangendo proprio mentre «arrivano i nostri».
Il barbone appena la vede la indica agli agenti che si fanno raccontare l’episodio e descrivere il bruto. Che viene rintracciato poco distante, dentro l’edificio nei pressi della biglietteria ovest. Fermato, viene portato davanti alla ragazza che lo riconosce. Il bestione si divincola colpisce gli agenti e non si calma nemmeno in ufficio dove le aggredisce nuovamente.
Un individuo pericoloso e proprio per evitargli ritorsioni, la Polfer preferisce non divulgare nessuna indicazione circa il barbone che li ha avvertiti.Sotto choc la povera adolescente, anche se è stato più lo spavento che il danno: portata in ospedale gli viene medicato un livido al braccio, guaribile in tre giorni. Un’inezia rispetto al rischio corso.
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