Milano aspetta il nuovo arcivescovo Scola avanza per il dopo Tettamanzi

MilanoIl futuro dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi? «Continuerò a fare il prete che è diventato vescovo» diceva il cardinale pochi giorni fa, alla vigilia della Congregazione dei vescovi chiamata ieri a discutere sul suo successore. Tettamanzi ha compiuto settantasette anni il 14 marzo scorso: «La vecchiaia? La pensione? Perché spaventarsi? Avrò finalmente tempo per pregarci su. Cercherò di tenermi attivo, di scrivere ancora tanto».
La riunione di ieri mattina in Vaticano è stato l’ultimo passaggio prima che il dossier Milano arrivi sulla scrivania del Papa. Il nome del vescovo di una delle diocesi più importanti del mondo sarà probabilmente reso noto alla fine di giugno, ma tutti ormai si attendono che a sedere sulla cattedra di Ambrogio sia il patriarca di Venezia, Angelo Scola, originario di Malgrate, piccolo comune alle porte di Lecco, classe 1941. E ieri la discussione sia pur franca tra i vescovi ha segnato un nuovo passo avanti del cardinale Scola in direzione di Milano.
I tempi sono distesi, frutto di una decisione ponderata e il più possibile condivisa. I verbali con gli interventi saranno raccolti e consegnati a Benedetto XVI. Sarà il prefetto della Congregazione dei vescovi, il cardinale Marc Ouellet, a consegnare il plico al Papa. La scelta finale tocca al Pontefice.
Le sorprese non sono mai escluse, ma sembrano sempre meno probabili. Il nome del cardinale Scola fa parte di una terna nata dalle consultazioni del nunzio in Italia, Giuseppe Bertello. Gli altri due candidati sono il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi (63 anni), e l’osservatore della Santa Sede al Consiglio d’Europa, Aldo Giordano (56 anni). Entrambi erano stati proposti anche per la diocesi di Torino, poi la scelta del Papa è caduta sull’arcivescovo Cesare Nosiglia.
Il rapporto di stima che lega Benedetto XVI al cardinale Scola, noto da tempo agli addetti ai lavori, è diventato trasparente a tutti durante la visita del Papa a Venezia, con i flash dei fotografi che li hanno inseguiti fino in gondola.
Scola, laureato in filosofia alla Cattolica e in teologia a Friburgo, è stato rettore dell’Università lateranense e preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul Matrimonio e la famiglia. Dal 1986 al 1991 è stato consultore per la Congregazione della Dottrina della Fede, dove ha lavorato accanto all’allora prefetto Joseph Ratzinger. Scola è stato a lungo collaboratore di Communio, la rivista teologica fondata nel 1972, pochi anni dopo la fine del Concilio Vaticano II, proprio da Ratzinger, insieme con altre personalità del calibro di Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac.
Il motto da vescovo di Scola è Sufficit gratia tua, basta la Tua grazia. Le contrarietà sul suo cammino non sono mancate, soprattutto a Milano, città che ne ha visto i primi passi in Gioventù studentesca, il movimento giovanile fondato da don Luigi Giussani e poi diventato Cl. Proprio la vicinanza a Comunione e liberazione gli costò l’allontanamento dal seminario di Venegono, dove venne valutato non adatto al sacerdozio. La storia ha dimostrato quanto fosse un giudizio temerario.


La provenienza da Cl a volte gli viene rimproverata ancora adesso, dopo aver dato lunga prova di sé da vescovo. Ma tra coloro che lo temono di più ci sono proprio loro, i ciellini: sanno che, come a Venezia, farebbe di tutto per essere al di sopra di qualsiasi critica. L’equanimità è la virtù che gli amici pagano più cara.

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