La Milano dell'Expo rifletta sull'educazione di chi la rappresenta con il pubblico

Un custode aggressivo al Cenacolo non è tollerabile, così come non è stata tollerata la vicenda romana del Pantheon. L'immagine della città è nelle mani di chi presidia i suoi luoghi pubblici e i suoi monumenti

La Milano dell'Expo, che si appresta ad accogliere milioni di visitatori da tutto il mondo, deve mettere a fuoco il tema degli «standard» di servizio, ovvero i modelli di comportamento da offrire agli ospiti. Tutti i luoghi di contatto turistico - spazi espositivi, mezzi di trasporto, alberghi, ristoranti, ma anche vigili urbani, personale di mostre e musei - dovranno essere presidiati da persone all'altezza della relazione con il pubblico: perché, se è vero che anche l'ultimo usciere, l'ultimo telefonista, spende il nome della propria azienda, nel caso dell'Expo, ogni commesso rappresenterà tutta Milano e, verso gli stranieri, l'Italia intera.
Di recente al Cenacolo (il nostro Pantheon...) si è assistito a un episodio esemplare (in negativo), che merita da essere riferito. Un visitatore, parte di un gruppo di pensionati friulani, più per leggerezza che per maleducazione, ha scattato una foto con il flash, infrangendo le regole e la sacralità del luogo. Pochi secondi dopo è entrato nella sala come una furia un custode che, gridando e sbraitando, ha malamente apostrofato il colpevole umiliandolo di fronte a tutti. Senza riflettere che le maniere incivili trasformano la ragione in torto. É sorprendente che, in un luogo-vetrina dell'arte dove arrivano visitatori da tutto il mondo, i dipendenti si permettano comportamenti offensivi per le persone, per lo stesso Leonardo, e degradanti per la città che in quel luogo è collettivamente rappresentata: fosse finito su You Tube, oggi quel custode sarebbe stato trasferito altrove. Si prevedano, piuttosto, delle sanzioni; o - se un flash può procurare danno - si facciano depositare all'ingresso le macchine fotografiche. Ma piazzate no: la serietà e la professionalità sui luoghi simbolo della nostra storia e della nostra arte deve essere energicamente assicurata.
Qualcuno, sbrigativamente, potrà obiettare che tutto sta nell'educazione - sempre più rara - dei singoli. Vero: l'educazione è il perno di tutto. Quando si tratta di servizi, specie se pubblici, all'educazione personale suppliscono tuttavia i modelli aziendali di comportamento, che sono frutto di un'attenta attività di formazione e di controllo. Sono questi standard a far sì che i dipendenti delle catene di alberghi a cinque stelle o le hostess della grandi compagnie aeree siano sempre all'altezza di qualunque richiesta e qualsiasi imprevisto, anche il più sgradevole. I mansionari e i corsi vanno oltre i limiti delle persone, e «confezionano» comportamenti efficienti, con un'approfondita analisi delle previsioni.
Se il prodotto finale (l'educazione) è difettoso, è colpa dunque del processo produttivo (formazione, controlli, sistema aziendale). Per ottenere i risultati occorre anzitutto consapevolezza e forte determinazione sugli obiettivi da raggiungere. Valga un piccolo esempio.

Al casello di Udine dell'autostrada Trieste-Venezia (società autonoma) i casellanti, a differenza di quanto avviene sulla gran parte della rete italiana, salutano e ringraziano l'automobilista che si ferma per il pedaggio. Persone educate, probabilmente. Ma la ragione è anche un'altra, come forse ingenuamente spiegano loro: «Buongiorno e grazie? Ce lo insegnano al corso!».

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