A Milano una donna a Cavalli dell’eleganza

Ferrè viaggia tra bianco e poesia. Trussardi made in China

Daniela Fedi

da Milano

Nel mondo della moda si dice sempre che un giorno di sfilate a Parigi vale tre volte tanto quelli di Milano sul fronte delle tendenze, dello spettacolo e della poesia. Ieri Gianfranco Ferrè e Roberto Cavalli hanno dimostrato che non è vero con due stupefacenti défilé riassuntivi di tutti le estetiche necessarie per l'eleganza femminile dell'estate 2006 e non solo. Anche su queste passerelle la partita si è giocata tra chi vuol togliere la polvere al romanticismo (Ferrè) e chi invece punta sul cosiddetto stile «ladylike», ovvero quel nuovo modo di vestire da signora che nessuno ha saputo proporre con l'incisività di Cavalli. Il bello è che entrambi gli stilisti hanno lavorato divinamente bene su temi lontani dai rispettivi interessi ma restando comunque fedeli alla leggenda dei propri marchi.
Così Cavalli che ha costruito la sua fortuna sul lato selvaggio del sex appeal, stavolta ha puntato sulla verità del vestire chic. E ha trovato una nuova misura al glamour perfino in un semplice paio di pantaloni bianchi con la camicetta in seta azzurra effetto denim, un grande foulard bianco-rosso-blu tra i capelli, le elegantissime scarpe décolleté altrimenti dette «pumps» e una raffinata borsa sportiva ma con i manici fatti da catene dorate. Lo stesso si può dire dei freschi vestiti a quadretti Vichy (quelli consegnati al mito da Brigitte Bardot, ma in una chiave molto più moderna), del trench in faille stampato e dei vari modelli da giorno (quelli per la sera meritano un discorso a parte) evidentemente ispirati a tutto quello che signore e signorine di buona famiglia indossavano nella bella stagione quando, negli anni Settanta, l'alta moda romana era una grande realtà. L'apoteosi è arrivata tanto con la sera quanto con gli strepitosi costumi da bagno del finale: un inno al corpo e alle sue seduzioni mostrando però solo quel che è necessario grazie a un sapiente uso di tagli e drappeggi. «Ho rinunciato alle mille stampe e alle iperboliche decorazioni a favore di una nuova eleganza sartoriale, ma credo di aver fatto la più bella collezione della mia carriera».
Inutile aspettarsi discorsi del genere da Ferrè che è un uomo asciutto e severo come un palazzo disegnato da Mies Van Der Rohe. Ma la sua futuribile rivisitazione del romanticismo femminile in salsa messicana senza i sapori troppo piccanti del folk, lasciava davvero senza fiato. Tutta bianca per la prima parte in modo che l'assenza del colore non distraesse dalla magia delle forme, in un caleidoscopio cromatico paragonabile solo alla passione per il superlativo effetto notte, la collezione dell'architetto stilista aveva un'intensità irraggiungibile. «Il romanticismo oggi può diventare un modo comodo per essere trasgressivi - ha detto - certo ci vuole un'anima, ma questa è la base di tutte le mie donne». A questo punto veniva spontaneo paragonare le magnifiche modelle vestite da lunghe gonne di pizzo e scialli dello stesso colore (cioccolato, rubino, arancio-tramonto o bois de rose) su cui spiccavano gli spettacolari gioielli ispirati agli ex voto messicani, con i quadri di Frida Kahlo. Vinceva Ferrè sull'arte moderna o proprio con questa. Trussardi pensa piuttosto all'artigianato in una nuova e sorprendente traduzione oltre che come missione della griffe del levriero.

Che corre al centro della modernità con gli abiti-guanto (da qui è partita l'azienda) con quelli dalle lavorazioni al tombolo e soprattutto con un incredibile materiale che in Cina si ottiene da secoli mettendo il lino a macerare nel fango vicino a un fiume per 40 giorni e poi passandolo con una speciale resina naturale.

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