Milano e Lugano si alleano contro gli immigrati irregolari

Convegno all’Università della Svizzera italiana sulle migrazioni internazionali per individuare le politiche di intervento

Milano e Lugano alleate nella lotta all’immigrazione clandestina. Ieri nella città ticinese sono state poste le basi di una collaborazione per far fronte alle migrazioni internazionali che toccano l’Europa mediterranea. La città di Milano ha, difatti, promosso il convegno svoltosi all’Università della Svizzera italiana – che continua anche oggi - organizzato dall’Istituto di studi mediterranei.
Un momento di incontro tra studiosi e amministratori di diverse città, tra cui Atene, Barcellona, Casablanca e Valencia, per affrontare le diverse sfaccettature di un fenomeno europeo: dall’integrazione degli immigrati regolari al problema della sicurezza, messa a rischio dalla criminalità organizzata che arruola i clandestini senza lavoro. Insomma, più realtà a confronto per mettere a punto politiche integrate di intervento.
«La presenza di immigrati in Italia (ufficialmente 2milioni700mila) – ha detto Guido Manca, assessore alla sicurezza del Comune di Milano – è divenuta ormai un fenomeno strutturale che coinvolge l’intera società civile a livello politico, economico, culturale e sociale. La grande maggioranza di costoro, che operano nella legalità, è necessaria allo sviluppo dell’Italia e ne costituisce una ricchezza». Ma non c’è solo questa faccia della medaglia. A Milano su un milione e trecentomila abitanti vivono circa 145mila stranieri regolari, cui vanno aggiunti altri 70mila irregolari. Persone che vivono nell’illegalità come i tremila nomadi che risiedono in campi abusivi e in condizioni igienico-sanitarie disastrose.
C’è poi la comunità latino-americana che fa largo uso di alcolici nei parchi della città, un fenomeno che è stato limitato con progetti di educazione all’uso del verde pubblico e di integrazione socio-culturale; i cinesi della zona di via Paolo Sarpi, invece, danno vita ad apparati paralleli illegali (cliniche, banche, laboratori, negozi), messi in piedi da persone che fanno ampio uso di documenti falsi («Si parla di cinesi “immortali”, perché in quattro anni su quasi 12mila persone ne risultano decedute solo 35, facendo pensare che in questo modo vengono riciclati i documenti», commenta l’assessore Manca).
In città imperversano inoltre le bande dell’Est, senza parlare del pericolo del terrorismo islamico. Insomma, una realtà complessa che non ha molto in comune con quella ticinese (nel Cantone sono 300mila gli abitanti), dove tutti i fenomeni si manifestano – se si manifestano - in scala ridotta. «Ma sicuramente – dice l’assessore - abbiamo in comune la difesa della civiltà occidentale».
La Svizzera ha una lunga tradizione di accoglienza. Basti pensare che il 20,3% della popolazione è straniera, con punte del 37% a Lugano, dove sono rappresentate oltre 130 nazionalità. Una città dove non ci sono quartieri completamente in mano ad alcune comunità, come succede invece nelle grandi città, anche se alcune zone sono più popolate da stranieri, come Molino Nuovo, o a Lugano-Besso i locali pubblici sono per lo più gestiti da turchi e slavi.
«Per noi Milano è una metropoli – dice Nicoletta Mariolini, titolare del dicastero Integrazione -. Può essere un modello per affrontare i problemi della globalizzazione: anche se da noi si presentano con dimensioni ridotte, i fenomeni sono gli stessi. Ad esempio ho trovato molto interessante il progetto di educazione all’uso del verde pubblico».
Dal canto suo Lugano sta puntando molto sulla conoscenza delle diverse culture. I poliziotti frequentano corsi di sensibilizzazione alla multiculturalità che saranno estesi a tutti i dipendenti pubblici che quotidianamente hanno a che fare con gli stranieri: gli impiegati degli uffici comunali e anche gli insegnanti i quali lavorano in classi che sono un vero e proprio melting-pot. Corsi, tenuti da consulenti di «Helvetas», organizzazione non governativa che si occupa di sviluppo, durante i quali viene insegnato come affrontare certe situazioni, imparando anche qual è il diverso significato attribuito dalle diverse culture a certi atteggiamenti: ad esempio fissare negli occhi può essere interpretato come un segnale di trasparenza, ma anche come un gesto di sfida o una minaccia.


Sempre nell’ottica di fornire gli strumenti per vivere e lavorare in società multiculturali all’Università della Svizzera italiana nel mese di ottobre si terrà un master innovativo di comunicazione interculturale.
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