Politica

«Milano scoppia di irregolari Bisogna costruire altri centri»

Sabrina Cottone

da Milano

«Altro che chiudere i centri, a Milano bisogna aprirne altri». Tiziana Maiolo è assessore ai Servizi sociali del Comune e responsabile di Forza Italia per i diritti civili. A Milano le rivolte all’interno del centro di permanenza temporanea di via Corelli sono sempre più frequenti, tanto che comitati di cittadini e politici di centrosinistra ne chiedono la chiusura. Anche Tiziana Maiolo non nasconde qualche preoccupazione sulle condizioni di vita all’interno dei centri, ma dissente totalmente dalla soluzione proposta: «È importante rendere i Cpt più umani e gestibili, ma senza dimenticare che sono l’unico strumento per riuscire a realizzare le espulsioni. E le espulsioni degli irregolari sono indispensabili».
Le ripetute violenze hanno riacceso polemiche e soprattutto allarmi. Secondo lei esiste un caso Milano?
«A Milano gli immigrati sono troppi. La situazione è pesante e la gente è stufa, si rischia l’esplosione. Nonostante la legge Bossi-Fini che fissa le quote d’ingresso, i clandestini in città sono sessantamila, un numero enorme. È naturale che chi arriva da un Paese povero voglia venire a vivere in un luogo ricco e pieno di opportunità come la Lombardia. Ma con una sovrappopolazione del genere e nell’impossibilità di garantire a tutti condizioni di vita decorose, è inevitabile che accadano le violenze. Non si nasce delinquenti ma è facilissimo diventarlo vivendo in condizioni degradate. I centri sono necessari per espellere chi non è in regola, è senza lavoro e senza casa e dunque diventa un potenziale delinquente».
Sui centri di permanenza temporanea gravano anche le denunce di Amnesty International. Come si può risolvere il problema?
«Può darsi che in alcuni casi si tratti di situazioni semicarcerarie, ma il cpt milanese di via Corelli è gestito dalla Croce rossa ed escludo che sia un lager. Parliamo della Croce rossa e non di Hitler. Le condizioni sono migliorabili e siamo d’accordo, andrò a visitare via Corelli al più presto, ma i centri sono indispensabili per le espulsioni. Semmai il problema è che sono troppo pochi».
Vuol dire che è convinta che i centri vadano moltiplicati?
«Sì, certamente. A Milano è necessario aprirne almeno un altro, naturalmente nel rispetto delle regole e delle segnalazioni di Amnesty. I centri sono il luogo necessario per identificare gli irregolari, procedere con gli accertamenti ed espellerli, rimandarli al loro Paese».
C’è chi sostiene che le espulsioni sono inutili, tanto poi gli gli espulsi riprovano a entrare in Italia. Sarebbe favorevole a soluzioni giudiziarie?
«Sono contraria al reato di immigrazione clandestina, perché riempiremmo le nostre carceri già sovraffollate di detenuti, che oltre tutto costerebbero moltissimo alle casse dello Stato: duecento euro ciascuno al giorno. Quei soldi possono essere impiegati meglio, ad esempio per aiutarli nei loro Paesi. Per non parlare del problema casa: è giusto che chi lavora in Italia abbia anche una casa in cui vivere».
Propone di moltiplicare i centri per espellere gli irregolari e contemporaneamente di dare una casa a chi è in regola?
«Noi siamo favorevoli all’accoglienza degli immigrati regolari, questo non si discute. Chi viene in Italia per lavorare ed è in regola con la legge, ha diritto anche a una casa, casa che naturalmente dovrebbe essere garantita dal datore di lavoro e non dal Comune di Milano. Non si può far finta di non vedere che molti immigrati vivono in condizioni impressionanti e inaccettabili: stanno male loro e fanno star male noi. Come cittadina milanese mi chiedo: perché devo subire tutto ciò? E accettare furbizie come quelle sulle donne incinte?».
Intende dire che è contraria ai ricongiungimenti familiari?
«Se una donna è incinta non può essere espulsa anche se clandestina e inoltre attrae tutto il nucleo familiare. Lo trovo ingiusto e anche falsamente pietistico perché la gravidanza non è una malattia ma uno stato naturale.

È una norma un po’ all’italiana che è stato sbagliato non cancellare con la Bossi-Fini».

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