Milano, Unione già in crisi sul vice Ferrante

La Quercia avverte i Dl: «Per come va la campagna, la lista unitaria si allontana». Il candidato imbarazzato: «Prematuro parlare di squadra»

Sabrina Cottone

da Milano

Dario Fo perde ma non si arrende. Il premio Nobel è stato sconfitto alle primarie per il candidato a sindaco di Milano del centrosinistra, ma non molla il colpo. «Lotterò fino in fondo perché le persone che hanno votato per me possano contare» annuncia il premio Nobel e sono parole come pietre per il vincitore, l’ex prefetto Bruno Ferrante. Fo ha portato a casa il 23 per cento e cioè oltre diciannovemila voti. E anche se Ferrante ha sfiorato il 68, è il classico caso in cui i voti non si contano ma si pesano.
Così, ecco il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, esaltare «l’importanza della sinistra radicale». A tradurre la dichiarazione di principio in fatti pensa il responsabile provinciale, Augusto Rocchi. «Siamo il secondo partito della coalizione. Il vicesindaco dovrebbe essere di Rifondazione o un indipendente di sinistra. Potrebbe essere Rocchi o Occhi» spiega con un gioco di parole, proponendo un’autocandidatura o, in alternativa, il quasi omonimo capogruppo di Rifondazione in consiglio comunale. E Dario Fo? «Gli offriamo di essere il capolista del partito alle elezioni, se poi sarà assessore si potrà vedere in futuro».
Ferrante se la cava rimandando il problema a dopo il voto: «Mi sembra prematuro parlare di squadra». Ma è chiaro che l’ex prefetto pensa piuttosto a un vicesindaco dei Ds, il partito che ha garantito la mobilitazione necessaria alla sua vittoria. E ecco un altro dei conflitti pronti a esplodere, quello tra Ds e Margherita. Anche il partito di Rutelli non fa mistero di puntare al vicesindaco, i rapporti sono tutt’altro che sereni e i Ds non hanno intenzione di andare avanti nella lista unitaria, per la Margherita una questione di vita o di morte, perché sarebbe un vero suicidio politico trovarsi stretta tra i Ds e la lista civica di Ferrante che si prepara a portarle via un mucchio di voti.
Nando Dalla Chiesa, segretario provinciale della Margherita, dice che «adesso la lista unitaria è più forte». Ma sa benissimo che è solo un auspicio. Fassino se ne è lavato le mani, delegando tutto ai vertici locali. E il segretario provinciale, Franco Mirabelli, ha ribadito più volte che «per avere una lista unitaria occorre costruire le condizioni politiche e lavorare insieme sulla candidatura riformista di Ferrante». Un lavoro comune che non c’è stato e ora i vertici locali dei Ds assicurano che «dopo queste primarie e il modo in cui è andata avanti la campagna elettorale, la lista unitaria è più lontana di prima».
Il nome di Ferrante in un primo momento era stato proposto dalla Margherita ma durante la corsa per le primarie il partito di Rutelli si è defilato, per non dire che è scomparso. È stato il segretario diessino, Piero Fassino, a portare in giro il candidato per mercati e periferie e sono stati i vertici della Quercia a fargli la campagna elettorale per le primarie.

«Qui a Milano la Margherita è più a sinistra di noi» è la battuta di un diessino di peso. Non sono ancora stati dimenticati gli attacchi che hanno portato alla rinuncia alla candidatura di Umberto Veronesi. E lo scontro aperto è dietro l’angolo.

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