Elena Gaiardoni
Parla Pelè. «Avevo nove anni quando vidi mio padre piangere per la prima volta dopo il Maracanazo, la sconfitta del Brasile contro l'Uruguay nella finale del Mondiale». Tra le lacrime ci può stare la parola sanguinolenta, sporca, un calcio verbale alla buona educazione che, se passa i limiti, non riguarda più la sfida degna d'essere nominata «sport». Ma un taglio con un coccio di bottiglia inceppa la musica per intonare la solita sinfonia. Non erano nemmeno le venti «de la tarde», della sera, scriverebbe Garcia Lorca, quando il derby madrileno ha fatto la sua prima vittima da toreri: in mezzo a un tafferuglio un tifoso dell'Atletico in un bar in via Capecelatro, zona San Siro, è stato tagliato con una bottiglia rotta. Tanto lievemente, nessuna benda o cerotto, però la zampata del «nemico» è partita.
E non è partita se il derby parte così. Perché piangere per troppa partigianeria, dopo tanti «caduti» sui campi di calcio, come se fossero campi di battaglia? Dobbiamo costruirci dei beoti monumenti per ricordarli e soprattutto(...)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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