Le 20 opere commissionate dai Medici furono realizzate da maestri fiamminghi

Le 20 opere commissionate dai Medici furono realizzate da maestri fiamminghi

Le cariatidi della sala di palazzo Reale giocheranno per un po'a nascondino dietro gli arazzi perché ora tocca a Giuseppe, ai suoi fratelli e alla loro storia, fra le più simboliche della Genesi. Fino al 23 agosto la sala «con le colonne di donna» di Palazzo Reale si trasforma nelle terre dell'Antico testamento dove «Il principe dei sogni», quel Giuseppe, figlio di Giacobbe, ha subito mille angherie solo per compiere il disegno di Dio e portare, come una «guida» da Israele all'Egitto il popolo che poi Mosè avrebbe liberato. Così la Bibbia. Grande fu il fascino che questa storia esercitò su un'altra «guida del Rinascimento»: fu, infatti ispirandosi a Giuseppe, lo zafnat paneach, «l'uomo che sapeva le cose», che Cosimo I de Medici decise di far realizzare il ciclo di 20 arazzi fra 1545 e 1553, commissionando i disegni preparatori a Jacopo Pontormo, Agnolo Bronzino e Francesco Salviati e chiamando poi gli arazzieri fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karcher a realizzarli. La serie di arazzi, divisa nel 1882 dai Savoia fra Roma e Firenze, è stata «riunita», dopo oltre un secolo e dopo un restauro durato quasi 20 anni a cura dell'Opificio delle pietre dure. La Presidenza della Repubblica ha affidato a Louis Godart l'ideazione del progetto e di questo «tour». Gli arazzi sono stati esposti nelle sale dei Corazzieri al Quirinale, ora tocca a Milano, poi sarà la volta di Firenze dove resteranno in mostra nei luoghi per cui furono pensati, i saloni del Duecento. Poi gli arazzi torneranno a «riposare» divisi fra Tevere ed Arno. L'occasione di vedere, quindi, l'intero ciclo espositivo è unica ed è stata possibile grazie al main sponsor Gucci, e al contributo di Fondazione Bracco. Daikin ha curato il «clima» della sala delle cariatidi affinché potesse ospitare questa nuova, preziosissima, «tappezzeria» «E in poche settimane l'idea è divenuta realtà», spiega l'assessore Filippo Del Corno. Giuseppe, venduto, umiliato dai fratelli, ma capace di perdonare, rappresenta uno dei personaggi più complessi e attuali della Bibbia per la sua «modernità». Un sognatore anche: Giuseppe sognava la sua fortuna e i fratelli gelosi lo vendettero. Giuseppe però, con un destino da naboh ed hakam, intelligente e saggio, riesce a reagire, finché non cade vittima delle calunnie della moglie del faraone. Altri guai, altra prigione, finché dal carcere sono ancora una volta i sogni a salvarlo. È lui ad interpretare le visioni del faraone che si accorge della sua intelligenza e lo premia: «Io ti sono più grande solo per il trono», dice il faraone a Giuseppe che nella Bibbia è il «ruah elohim», l'uomo dotato dello spirito di Dio. Un primo della classe, nonostante i molti colpi del destino. Negli arazzi Giuseppe perdona i fratelli, abbraccia Beniamino, il fratello più giovane e poi ritrova anche il padre.

Le storie della Genesi sfilano «filate» negli arazzi su sfondi di palazzi rinascimentali e con paesaggi dove, invece che il Sinai, spuntano Tevere e Colosseo. Così volle Cosimo che un po' sognava, anche lui, di somigliare almeno un po' a quel Giuseppe. Il migliore di tutti.

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