Accoglienza dei profughi Solo 40 famiglie dicono sì

Per il Comune è finalmente una svolta Centrodestra: «Risposta chiara: c'è paura»

Antonio RuzzoQuaranta famiglie milanesi sono candidate ad ospitare nella propria casa un rifugiato per un periodo di circa sei mesi. È questo l'esito del bando, aperto dal Comune di Milano il 30 dicembre scorso e chiuso ieri pomeriggio, per il censimento e la realizzazione di un elenco di famiglie disponibili a partecipare al nuovo progetto di ospitalità approvato e finanziato dal Ministero dell'Interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Quaranta famiglie possono essere tante o poche, dipende dai punti di vista. Soprattutto politici. E infatti il dibattito continua anche se, al di là dei numeri, il primo dato dimostra abbastanza chiaramente che le politiche di accoglienza lasciate alla buona volontà, benchè remunerata, dei cittadini non possono essere la soluzione ad un problema a cui servirebbe una risposta organizzata e istituzionale. Uno stato, un governo, un Comune che delegano un problema come quello dell'accoglienza dei profughi confidando sulla buona volontà delle famiglie sono un segno di resa, sono una bandiera bianca alzata e in un certo senso un'ammissione di imopotenza nell'affrontare un fenomeno oggettivamente complesso. Ma tant'è. Quaranta famiglie che si offrono per ospitare i profughi per Palazzo Marino sono una vittoria, sopno il egno di una svolta: «Per anni i rappresentanti della Lega Nord, di fronte alle richieste d'accoglienza poste dall'emergenza profughi alla città, hanno risposto Ospitateli a casa vostra- attacca Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali del Comune- Oggi siamo felici di annunciare che quelle famiiglie ci sono e sono davvero disposte ad ospitare i rifugiati a casa propria. Siamo convinti con questa sperimentazione di poter aprire una nuova strada per il futuro, aggiungendo un ulteriore tassello al mosaico di iniziative con cui Milano si sta prodigando per l'accoglienza e l'inclusione sociale dei migranti». Delle famiglie, tutte residenti a Milano, si sa che sono composte da persone tra i 30 e i 50 anni, per lo più con figli in età scolare, residenti in varie zone della città. Tre sono di origine straniera e ognuna di loro riceverà un contributo di 350 euro al mese per le spese di vitto e alloggio dell'ospite. Si partirà con i primi 5 rifugiati all'inizio del mese di febbraio e a breve lo stesso modello di accoglienza sarà realizzata dal Comune anche nel caso di sfrattati per cui si individueranno famiglie disposte all'accoglienza. Questa sarebbe quindi la nuova via dell'accoglienza. Un fai-da-te solidale che darebbe un colpo di spugna a ciò che è stato fatto fino ad ora e a centri profughi che il Comune vorrebbe cancellare: «A questo proposito voglio lanciare un appello al governo - conferma infatti Majorino- affinché riveda la propria decisione di riaprire il Cie in via Corelli, e permetta così al Comune di Milano di proseguire la propria azione di accoglienza delle famglie di profughi in transito in città». Scelte. Ma quaranta famiglie che si offrono di ospitare i profughi per l'opposizione non possono essere la soluzione. Non bastano. Sono un pannicello caldo: «La montagna di Pisapia e Majorino ha partorito un misero topolino e un flop colossale- ribatte Paolo Grimoldi, Segretario Nazionale della Lega Lombarda- Quaranta famiglie in una metropoli di 1,3 milioni di cittadini, sono numeriche parlano da soli: questa è la risposta più eloquente che i milanesi potessero dare a questa giunta colpevole di aver messo davanti a tutto solo gli immigrati, dimenticandosi dei tanti milanesi anziani, disoccupati o genitori separati in grave difficoltà abitativa ed economica». Difficoltà ad accogliere l'appello dell'ospitalità ma forse anche timori: «Questo è un segnale forte e chiaro- spiega Viviana Beccalossi di Fratelli d'Italia- La paura fa 40, i milanesi temono la presenza di un profugo o presunto tale nella propria casa e soprattutto hanno ancora una propria dignità. La solidarietà e il sostegno a chi è in difficoltà non può tramutarsi in ospitalità di convenienza.

Per noi la mitica Milano con il cuore in mano è quella capace di offrire lavoro e servizi e non la condivisione del proprio bagno con un immigrato in cambio di denaro pubblico che ha tutta la parvenza di una mancia elettorale»

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