Ne parlavano tutti delle pitture della cappella Peruzzi di Santa Croce, a Firenze. Le aveva fatte Giotto, nei primi anni del Trecento e le ammiravano, secoli dopo, Michelangelo, il Vasari e molti altri. Poi le storie di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista andarono in rovina. Tanti, e disperati, i tentativi di recuperare la pittura di questa cappella-gioiello: Giotto non aveva usato il «buon fresco», ma la pittura a secco, con una tempera a uovo a fare da legante. Scelta ottima, all'apparenza: permetteva un'esecuzione più attenta e dettagliata. Scelta sciagurata per i posteri perché produce una pittura assai fragile. Dello splendore originario della cappella Peruzzi, fino ad oggi avevamo solo qualche intuizione. Ora, nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, grazie alle nuove tecnologie e a un progetto di ricerca innovativo, è possibile compiere un salto indietro nel tempo e vedere, all'interno di un'installazione multimediale parecchio efficace, com'erano «le pitture di Giotto ai tempi di Giotto». Al percorso della mostra «Giotto, l'Italia»¸ curata da Pietro Petraroia e Serena Romano, si aggiunge infatti un importante tassello: la ricostruzione a grandezza naturale della cappella Peruzzi ad opera di un cospicuo gruppo di ricerca (Opificio delle Pietre Dure, Università Milano Bicocca, Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR) con il supporto della Fondazione Cariplo e della Fondazione Bracco. «Ci piace l'idea di consentire al visitatore di entrare in un cantiere di restauro e di fare un'esperienza, quella della visione della pittura sotto la luce ultravioletta, di solito riservata agli specialisti spiega Petraroia -. Il grande pubblico può ammirare la pittura quasi a bassorilievo di Gotto, con dettagli che emergono in fluorescenza». L'installazione, progettata da Mario Bellini, riproduce infatti al centro della Sala delle Cariatidi l'interno della cappella e permette di confrontare le immagini dei dipinti attuali con quelle rivelate grazie a oltre cinquecento fotogrammi realizzati a luce ultravioletta sul monumento fiorentino: è proprio la fluorescenza UV che rende di nuovo visibili i volumi, i dettagli di alcuni tessuti, le espressioni dei volti dipinti da Giotto. Entrando in una sorta di torre fatta da impalcature metalliche (alte undici metri, fino al soffitto della sala) e grazie all'aiuto di otto potenti proiettori, si ha la sensazione di essere fisicamente dentro la cappella di Santa Croce e di avere avanti a sé i due San Giovanni. L'alternanza di immagini attuali e di quelle che erano le pitture originarie, ricostruite grazie a questa nuova indagine diagnostica, valorizza dettagli nuovi impossibili da vedere a occhio nudo.
Capiamo subito perché queste pitture fossero considerate all'epoca il capolavoro di Giotto e, secondo quanto ipotizzato dagli studiosi, appare evidente la vicinanza cronologica, gli anni sono quelli del primo decennio del Trecento, tra la cappella fiorentina e la celeberrima Cappella degli Scrovegni a Padova.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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