
Sono entrati volto scoperto nel capannone e hanno sparato una raffica di colpi d'arma da fuoco contro due giovani per poi fuggire indisturbati. Le vittime, colpite alle gambe, hanno chiamato i soccorsi e sono stati portati in ospedale, dove sono stati ricoverati anche se non dovrebbero correre pericolo di vita. Sull'episodio stanno indagando i carabinieri del gruppo di Monza e della compagnia di Rho, che al momento non si sbilanciano sul movente della sparatoria. Mentre uno dei feriti risulta un incensurato che potrebbe essere stato coinvolto per caso, l'altro è invece un pregiudicato, attualmente agli arresti domiciliari, con il permesso per recarsi al lavoro. È inoltre imparentato con una famiglia di noti pregiudicati pugliesi, uno dei quali gambizzato appena 10 giorni fa.
L'agguato è scattato nel pomeriggio poco dopo le 17 alla «Emotion Drive» carrozzeria di via Edison 70, area destinata a insediamenti produttivi a sud di Settimo Milanese, che si occupa anche di compravendita di vetture. All'interno un dipendente Rocco Bevilacqua, 32 anni, nato a Mesagne, nel brindisino, e Francesco D., 23 anni, nato a Cerignola, nel foggiano, entrambi residenti a Settimo. I due giovani si sono improvvisamente trovati davanti tre o quattro uomini, scesi da una macchina che hanno subito fatto fuoco. Bevilacqua è statao colpito da due colpi, Francesco D. da tre. Mentre gli sparatori scappavano, i due hanno chiamato i soccorsi.
Sull'ambulanza che lo portava al San Carlo, Franesco D., incensurato, fa in tempo a mormorare agli investigatori di trovarsi in carrozzeria per caso. Aveva infatti visto un vettura in vendita su internet ed era andato a chiedere informazioni. Mentre Bevilacqua, ricoverato a Niguarda, risulta avere un passato burrascoso e una parentela piuttosto inquietante, tanto da farlo ritenere il vero obiettivo del commando.
Attualmente si trova agli arresti domiciliari per una serie di condanne per reati contro il patrimonio con il permesso di uscire per recarsi al lavoro. Bevilacqua inoltre è cognato dei fratelli Magrini, Luigi e Salvatore. Il primo 40 anni, è stato coinvolto nell'operazione «Domino» della Guardia di Finanza di Bari come esponente della Quarta mafia pugliese in affari con le cosche calabresi e serbe, in un fiorente traffico internazionale di droga. Arrestato nel 2009, è stato poi condannato a 14 anni da scontare agli arresti domiciliari, in via Pertini a Setimo. Da dove è uscito l'anno scorso per tornare in galera nell'ambito di un'altra operazione antidroga, questa volta dei carabinieri di Milano, per poi tornare nuovamente ai domiciliari.
In via Pertini alle 19.30 del 27 febbraio era andato a suonare il fratello Salvatore, 41 anni. Mentre attendeva gli aprissero la porta, anche lui è stato gambizzato. «Era un nordafricano» ha poi dichiarato agli investigatori mentre veniva portato al San Paolo in codice giallo. Ovviamente senza sapere chi potesse essere e perché gli avesse sparato.
Completa la genealogia della famiglia Magrini papà don Vito, detto «cavallero», un vecchio pregiudicato barese noto nel giro delle scommesse ippiche clandestine. Don Vito venne arrestato nel 1997 perché accusato di un doppio attentato incendiario al trotter e al galoppatoio dell'ippodromo di San Siro compiuto la sera del 28 agosto di quell'anno.
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