Luca FazzoMancava solo l'Atm tra le grandi aziende milanesi chiamate a rendere conto delle morti da amianto. Ora si scopre che anche sui tram, nelle gallerie del metrò, nelle officine di ricovero e riparazione le polveri dell'asbesto hanno avvelenato e ammazzato lentamente, come alla Pirelli, alla Breda, alla Franco Tosi, all'Alfa Romeo, alla Scala. E, come nelle altre grandi aziende, i vertici di Atm sono accusati di avere saputo e taciuto. Per questo la Procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio dei due manager che hanno diretto Atm negli anni al centro dell'indagine coordinata dal pm Maurizio Ascione. Nel fascicolo di inchiesta, sei storie di operai uccisi dal mesotelioma pleurico, e altre due vicende di dipendenti ammalati e sopravvissuti. L'accusa è di omicidio colposo plurimo e di lesioni colpose.I due indagati son Elio Gambini e Roberto Massetti, direttori generali dell'azienda dei trasporti milanesi, rispettivamente tra il 1988 e il 1995 e tra il 1995 e il 2001. Entrambi anziani (il primo è del '32) e da tempo in pensione, sono stati interrogati e si sono avvalsi del diritto di non rispondere alle domande del pm. E il terreno di scontro si sposta ora all'udienza preliminare, dove è facile prevedere che si riproporranno le domande consuete dei processi per amianto: se la presenza del materiale sui mezzi e nei reparti è accertato, da dimostrare è quanta consapevolezza ci fosse da parte dei vertici del pericolo, e quali misure siano state prese. E insieme a loro dovrà probabilmente difendersi Atm, che i familiari delle vittime in sede di udienza preliminare potrebbero chiamare in causa come responsabile civile.L'elenco dei dipendenti Atm uccisi dal mesotelioma tra il 2009 e il 2015 abbraccia quasi tutte le categorie dei dipendenti dell'azienda: ci sono un dirigente, un autista di linea, un operaio addetto ai sistemi di segnalamento del metrò; e poi un addetto alla riparazione dei bus, e due tecnici che hanno lavorato per anni in quel tempio del trasporto urbano che è il deposito dei tram di via Teodosio, a Lambrate.
Tutti, nel corso della loro lunga vita lavorativa, secondo l'inchiesta del pm Ascione, hanno dovuto fare i conti con una lunga serie di superficialità: nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari si afferma che vennero impiegati in ambienti «suscettibili di importanti rilasci di fibre» come i depositi degli autobus e i tunnel della metropolitana, sprovvisti rispettivamente di «adeguato impianto di aspirazione» e di «filtri nelle camere di ventilazione» contro le stesse fibre che sarebbero rimaste in sospensione nell'aria a causa dell'intenso traffico nelle gallerie. In più i vertici non si sarebbero curati della «manutenzione dei tetti in eternit» degli hangar dove la notte vengono ricoverati i mezzi, nè avrebbero disposto «la pulizia in sede degli abiti da lavoro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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