Bacchettato, ma fuori tempo massimo. Il Csm dà torto all'ex procuratore Edmondo Bruti Liberati, in pensione da novembre, in uno dei capitoli clou dello scontro con l'allora aggiunto Alfredo Robledo. E dichiara che l'esclusione di quest'ultimo da alcuni interrogatori chiave del filone di indagine sull'appalto più importante di Expo - di cui l'aggiunto era coassegnatario - non fu un semplice provvedimento organizzativo. Bensì una «revoca parziale» dell'assegnazione, adottata «senza specifica e idonea motivazione e fuori dalle ipotesi espressamente previste». È l'epilogo di una guerra cominciata oltre un anno e mezzo fa, che ha spaccato la Procura.Scrive il Consiglio superiore: «La nota con cui il procuratore della Repubblica, al di là dei legittimi acquisiti poteri di coordinamento delle indagini, ha inciso sulla stessa capacità» di agire di uno dei titolari del fascicolo rappresenta appunto un atto «parziale». L'episodio era stato al centro di uno degli esposti di Robledo al Csm contro il capo.
La decisione è del plenum, che ha accolto a maggioranza (16 «sì» e 5 astenuti) la delibera della Settima commissione, relatore il togato Antonello Ardituro. Ma arriva oggi che lo scenario è tutt'altro. Bruti non è più in attività e Robledo da un anno è stato trasferito a Torino dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore. A Palazzo dei Marescialli non sono mancate le polemiche sulla tardività del provvedimento. Anche perché, se da una parte c'è un riconoscimento delle ragioni dell'ex aggiunto, dall'altra il richiamo avrebbe avuto un effetto diverso se l'ex capo della Procura fosse ancora al proprio posto. «È singolare che si arrivi a deliberare oggi che il procuratore di Milano non c'è più», sottolinea la laica di Forza Italia Elisabetta Casellati. Critiche anche dal togato di Magistratura indipendente Claudio Galoppi e dal laico di Ncd Antonio Leone, che si è astenuto. «Il tempo trascorso - dichiara Leone - confligge con la specificità tecnica della delibera sottolineata dal relatore. Nelle more sono sopravvenuti procedimenti disciplinari e pensionamenti. E a non voler pensare male, si rileva una farraginosità procedimentale e una incapacità del Csm di intervenire tempestivamente».
Non ha partecipato al voto neppure il nuovo primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio, fino a poco tempo fa presidente della corte d'Appello di Milano e quindi del Consiglio giudiziario che si era già espresso con severità sulla decisione di Bruti. Proprio Canzio però ha invocato una «riflessione approfondita» del Csm sulle procure e sul potere di revoca dei capi.
Lo scontro milanese potrebbe avere conseguenze sulla ripartizione delle competenze tra gli aggiunti e su una definizione più precisa delle facoltà dei vertici. Un gruppo di lavoro preparerà una nuova circolare sugli uffici requirenti. Il plenum non ha invece eccepito sul provvedimento con cui Bruti assegnò a sé e ai pm Luigi Orsi e Roberto Pellicano il fascicolo sul Mose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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