di Stefano Bruno Galli*Purtroppo per la seconda volta in questo 2015, nel Consiglio regionale lombardo si sono alzate le note della Marsigliese per commemorare i morti del terrorismo islamico. La Marsigliese è inno di libertà dalle catene dell'Antico regime ma non di fratellanza, che nel vocabolario politico del Settecento aveva dei risvolti di natura massonica. È inno di guerra: la chiamata alle armi del 1792 contro l'Austria, per difendere la rivoluzione dall'aggressione delle potenze europee. Si consumò poi il dèrapage nel regime del Terrore. Allora come oggi l'obiettivo è quello di diffondere la paura. Il terrore diventa strumento della politica nello scontro fra civiltà e barbarie. Con criminale determinazione, il fondamentalismo mira proprio a produrre paura. La paura verso un nemico malvagio ha inciso in profondità nella nostra mentalità collettiva e ci ha resi consapevoli che siamo tutti potenziali bersagli. Bisogna prendere atto che i due modelli di integrazione perseguiti negli ultimi anni sono falliti. È fallito il multiculturalismo britannico che ha generato una società composta da comunità chiuse. È fallito l'assimilazionismo francese: la rimozione dei valori religiosi ha prodotto l'individualismo e costruito un'identità solo sul piano giuridico. I giovani sono frustrati e rancorosi, vivono ai margini di quella società in cui magari sono nati, ma non si riconoscono. E trovano la loro identità individuale e collettiva nell'integralismo generato dalla deriva fondamentalista di società non secolarizzate, che non hanno vissuto quel processo di laicizzazione del potere e della politica, tratto essenziale del ciclo storico della modernità occidentale. Il disegno dei terroristi è quello di islamizzare l'Occidente per mettere fine al suo primato. E ciò avviene ricorrendo alle azioni violente e con la lenta penetrazione della società (social network, moschee ecc). Siamo stretti in una morsa. Ma il dibattito di questi giorni è percorso da un inaccettabile atteggiamento ispirato all'«islamicamente corretto». È difficile cogliere moderatismo tra i tifosi di una partita di calcio, che a Istanbul si rifiutano di osservare il minuto di silenzio per i morti di Parigi e lo interrompono al grido di «Allah è grande». L'Islam moderato è minoritario e l'Occidente ha sempre dialogato con l'estremismo. Kamal Abdulla, ex rettore dell'università di Baku, una volta Ministro, ha imposto che le prediche degli imam venissero fatte in lingua azerbaigiana e che gli stessi imam fossero residenti in Azerbaigian. Questo è un esempio su cui riflettere. Per lungo tempo l'Europa si è interrogata sull'ingresso della Turchia nell'Ue.
Oggi scopriamo che la Turchia è un cavallo di Troia doppiogiochista nel ventre molle di quella stessa Europa incapace di rintracciare le sue radici ideologiche nella sequenza: Europa-cristianità-Occidente. *capogruppo Maroni Presidente- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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