Nibali, Quintana e Dumoulin se la giocheranno sulle Dolomiti la maglia rosa quest'anno. Come sempre. Ma forse anche nell'ultima tappa, la cronometro da Monza a Milano, dove si potrà decidere ancora qualcosa. Forse tutto. Penseranno a vincere ovviamente. Anche sfilando a Sesto San Giovanni davanti al quartier generale della Campari, un marchio una storia capace di raccontare un secolo di Giro, di bici e di ciclisti ma anche d'Italia e di italiani. Un simbolo che torna quest'anno, nell'edizione del Centenario con le immagini di arrivi, partenze, campioni, di «bottiglione» al traguardo, sulle auto della carovana, nelle foto con i bersaglieri che ricordano un Paese che si appassionava alle cose semplici. Che allora come oggi quando passava il Giro si affollava sulle strade, si dava appuntamento nei bar dove c'erano le televisioni, applaudiva, soffriva, discuteva e si arrabbiava. Diviso in due tra Bartali e Coppi. Una storia infinita di passioni che vengono raccontate in «Bike Passion, dagli Album Campari una storia a due ruote» una mostra a cura di Marina Mojana e Fabrizio Confalonieri, patrocinata dal Museo del Ciclismo del Ghisallo che sarà aperta al pubblico da mercoledì 24 maggio a venerdì 28 luglio. Galleria Campari riscopre un'epopea tutta italiana fatta di foto d'epoca, di documenti, di grafiche pubblicitarie e di biciclette d'artista. Un «diario di viaggio» dove sono annotati i cambiamenti di costume del nostro Paese dagli anni Trenta agli anni Sessanta, anni in cui il marchio Campari ha seguito i ciclisti del calibro di Coppi, Girardengo, Cinelli, Moser, Anquetil, Baldini, Gaul, Magni, nelle ventuno tappe del Giro d'Italia, nelle tappe del Giro dei Tre Mari e in quelle del Gran Premio di Lugano.
Alle fotografie d'epoca, disposte su una pista che simula il circuito di gara, si affiancano le grafiche pubblicitarie originali, firmate da Franz Marangolo, l' illustratore milanese che negli anni Sessanta realizzò per Campari innumerevoli bozzetti pubblicitari e da altri autori degli anni Cinquanta e Sessanta, che propongono una storia fatta di intuizioni e di strategie comunicative d'avanguardia. Al centro c'è sempre la bici rappresentata anche con raffinate silhouette, nelle otto tavole originali di Ugo Mochi, lo scultore fiorentino che negli anni Venti elabora oltre 100 lavori che trasformano i prodotti del marchio milanese in eleganti silhouette di carta nera, ispirate a raffinate scene di vita quotidiana e che finiscono anche in importanti collezioni, come quella del Metropolitan Museum di New York.
Un Paese che si racconta, che viaggia con il Giro e che con il Giro impara a conoscersi, a scoprirsi, ad amare campioni e gregari capaci di infiammare fantasie e passioni. Ma lo sguardo del passato si sofferma anche sul mezzo meccanico, su quelle due ruote che all'inizio sono un oggetto di desiderio e pian piano diventano il primo passo verso un riscatto sociale fatto di lavoro, di possibilità di muoversi, di raggiungere mercati, fiere e paesi dove prima si andava a piedi. Non però semplice mezzo di trasporto ma veicolo mutante che racchiude in sé dinamicità e arte, tecnologia e creatività. Una mostra arricchita da un esemplare storico, prestito dalle preziose collezioni d'epoca del Museo Nicolis di Villafranca di Verona che permette di cogliere in pieno quale sia stata in tutti questi anni l' evoluzione. Il viaggio approda infine nel presente dando vita a un dialogo con la contemporaneità, grazie alla collaborazione tra Galleria Campari e Antonio Colombo, collezionista d'arte e Presidente di Cinelli: nove biciclette d'artista della collezione di Colombo firmate da designer di fama internazionale: Alchymia, Alberto Biagetti, Sergio Calatroni, Death Spray, Barnaba Fornasetti, Stevie Gee, Max Lamb, Barry McGee, Alessandro Mendini.
Cent'anni di storia in un «bitter», nella duplice vitalità di un'azienda che ha cambiato la comunicazione che ha anticipato le sponsorizzazioni che è stata capace di unire l'arte e il design con la bicicletta. Mezzo di comunicazione e mezzo sportivo con il suo immaginario di forma, pensiero e sogno.
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