Brera, appello ai privati: «Aiutateci per il rilancio»

Il neodirettore Bradburne: «Servono più risorse per far ritornare i milanesi al museo». Il ministro: «Con l'art bonus non ci sono più scuse»

Francesca Amè

«Il Palazzo di Brera è l' insider secret di Milano: per ora m'interessano poco i turisti, voglio conquistare i milanesi e trasformare questo luogo in un centro realmente vissuto dalla città». Scendiamo lo scalone della Braidense con James Bradburne, direttore della Pinacoteca e arriviamo nel chiostro: per volere di questo anglo-canadese con gli occhialini tondi, il gilet d'ordinanza e l'ossessione per la fruibilità dei musei, sono state installate le prime panchine (lineari, bianche).

I primi, piccoli cambiamenti. Come quello di ieri, con la maestosa Sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense pronta a ospitare tra i suoi pregiati manoscritti il lancio di «Arts of Italy»¸ progetto di mecenatismo targato OVS e curato da Davide Rampello. Il marchio di abbigliamento ha presentato due collezioni a edizione limitata ispirandosi ai dettagli dei decori di monumenti italiani (come la scala dei Giganti di Palazzo Ducale a Venezia e la villa romana di Russi, a Ravenna): parte del ricavato della collezione sarà devoluto alla valorizzazione di edifici storici.

«Ho scelto di presentare Arts of Italy alla Braidense perché qui, all'epoca del mio incarico in Publitalia, riuscimmo a realizzare un primo intervento coordinato tra pubblico e privato, trovando i fondi per liberare la sala dalla mole di volume, fumetti e riviste che aveva, creando un'apposita emeroteca, e dandole il respiro merita», spiega Rampello. Magnifica, vero: le volte però reclamano interventi di manutenzione. Ci pensa lo Stato? Lo chiediamo al ministro dei Beni e Attività Culturali Dario Franceschini, a Milano per sostenere il progetto di OVS: «Con l'art bonus che prevede un credito d'imposta al 65% per le aziende che donano ai musei e le nuove regole che semplificano le sponsorizzazioni culturali, lo Stato ha fatto la sua parte. Ora tocca ai privati: non ci sono più scuse», risponde. E se il ministro garantisce sui fondi Cipe per la Grande Brera, Bradburne per la prima volta ci appare un po' affaticato. Il calendario è serrato: entro il 2018 tutte e 38 le sale della Pinacoteca dovranno essere riallestite, per una nuova esperienza di Brera che comprenderà anche l'apertura di Palazzo Citterio. Uno shop e un caffè saranno i prossimi passi. L'agenda del direttore è fitta di eventi di fund-rising per reperire le sponsorizzazioni necessarie. Non secondaria, la riorganizzazione del personale dei due enti.

«C'è chi mi dice che sono troppo ottimista», sorride. Brera e la Braidense (rispettivamente 152 e 58 dipendenti) lavoreranno in sinergia, unificando alcuni uffici. E l'annoso problema degli scioperi? L'ultimo, dieci giorni fa, ha serrato la Pinacoteca: «Lo sciopero è un diritto, mio compito è limitare i danni al visitatore avvisandolo per tempo di eventuali disagi»¸ spiega. «Se tra i miei custodi ho cinque dottorati di ricerca, devo trasformare questo in una ricchezza per il visitatore. Rispettando le competenze dei lavoratori tutta Brera sarà migliore», conclude Bradburne. Il direttore parla di squadra, potenziale umano, motivazione: non proprio il burocratese degli alti funzionari dei musei.

La strada per il cambiamento è lunga e lastricata di rivendicazioni sindacali, carenza di fondi, vecchi abitudini dure a morire. Viene il sospetto che l' insider secret, l'ingrediente segreto per realizzare una «Brera grande» stia nell'inguaribile ottimismo del suo direttore.

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