Si doveva parlare della sforbiciata da 47 milioni con cui Milano rischia di fare i conti come effetto della nuova legge di stabilità nazionale. E si doveva discutere di un altro macigno da 251,8 milioni di euro: tanti sono i soldi che il Comune, adeguandosi alla riforma della contabilità locale al via il primo gennaio, dovrà accantonare nel Bilancio 2015 come «fondo crediti di dubbia esigibilità», tasse non riscosse negli ultimi 5 anni e difficilmente recuperabili ormai. In pratica, dovrà congelare quella cifra invece di inserirla nel calderone delle entrate, seppure «virtuali». Forza Italia aveva pronto un ordine del giorno in merito, come spiega il capogruppo Pietro Tatarella «avremmo chiesto di istituire un Osservatorio sulle mancate riscossioni siamo stufi dei professionisti dello scrocco, in gran parte extracomunitari, e il sindaco deve smetterla di scaricare solo sul governo la colpa di aumenti di tasse ma impegnarsi sul contrasto all'evasione». Gli effetti della manovra di Milano (aggiungendo i 121 milioni che invece sono frutto dell'allentamento del Patto) hanno un saldo negativo pari a 178 milioni, tra i più alti d'Italia. Ma se ne parlerà, forse, giovedì prossimo. Ieri in consiglio comunale era in programma il dibattito sulla legge di stabilità ma all'appello hanno risposto solo 23 consiglieri (il quorum è di 25) ed è saltata la seduta. Ben 6 su 20 banchi vuoti nello schieramento del Pd: assenti David Gentili, Rosario Pantaleo, Natale Comotti, Paola Bocci, Anna Scavuzzo ed è arrivata dopo il gong Rosaria Iardino. Hanno risposto sì il radicale Marco Cappato e il socialista Roberto Biscardini, anche se hanno un piede dentro e uno fuori dalla maggioranza. E non è bastata la stampella offerta dal capogruppo del Movimento 5 Stelle Mattia Calise, presente. C'erano, ma sono invece rimasti fuori dal consiglio per esaltare quanto interessi alla maggioranza parlare dei tagli del premier Renzi a Milano, i consiglieri di opposizione che pure avevano raccolto le firme perchè fosse convocata la seduta. Non ci sarebbe stato neanche il sindaco, in missione istituzionale a Mosca, al posto suo l'assessore al Bilancio Francesca Balzani. E mentre il Pd in aula prova a rimpallare sul centrodestra la mancata discussione il consigliere Fdi Riccardo De Corato, ex vicesindaco, ricorda che «quando noi eravamo maggioranza il centrosinistra è sempre uscito dall'aula, per 15 anni non hanno mantenuto il quorum neanche quando dovevamo discutere dei tagli lineari del ministro Tremonti. Oggi l'abbiamo fatto noi, non per ripicca ma per una questione di principio. Quelli della legge di stabilità sono tagli del Pd al Pd, sono loro i primi a cui dovrebbe interessare l'argomento».
Le assenze invece, come rimarca il consigliere del Polo dei milanesi Matteo Forte, manifestano l'imbarazzo dei Democratici. «Giorni fa il segretario Pd Pietro Bussolati ha difeso la legge di stabilità, il sindaco Pisapisa ha preso posizione contro. Bussolati ha dichiarato che i 178 milioni di minori trasferimenti a Milano sono giusti e garantiscono meno tasse nell'economia generale del provvedimento. Ci aspettavamo che oggi (ieri, ndr.) lo stesso Pd facesse mea culpa sull'aumento del 4% delle tasse locali registrato solo nel 2014 e mettesse la faccia per garantire che nel 2015 la giunta non aumenterà tariffe e tributi per sopperire ai tagli statali».
Tatarella (Fi) nota: «Ci hanno fatto capire la mancanza di serietà nell'affrontare un tema così importante per la città». E il eghista Luca Lepore sottolinea che «quando si parla di diritti alle coppie gay i banchi sono pieni, le priorità del Pd sono altre».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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