Via Cadore: indagini-rompicapo: "Troppi i nemici della vittima"

Anghinelli non è cosciente e non può dare indicazioni su chi gli ha sparato. Nelle carte i traffici di cocaina

Via Cadore: indagini-rompicapo: "Troppi i nemici della vittima"

Non potrà parlare con gli inquirenti, almeno non a breve, Enzo Anghinelli, il pregiudicato gravemente ferito in un agguato venerdì mattina in via Cadore. Il 46enne infatti sembra fuori pericolo, ma ha subito un'operazione al cervello e non è cosciente. Resta in prognosi riservata, difficile quindi che da lui arrivino indicazioni utili a trovare chi gli ha sparato. La Squadra mobile, le cui indagini sono coordinate dal pm Leonardo Lesti e dal procuratore aggiunto Laura Pedio, scandaglia video di sorveglianza e tabulati telefonici.

Il problema, si spiega in Procura, è che le piste plausibili sono fin troppe. E diversi gli ambienti criminali in cui Anghinelli si è mosso in passato. Quello del traffico e dello spaccio di droga, certo. Ma nemici giurati potrebbe essersene fatti a causa di una vicenda passionale. O persino nell'ambiente della curva sud del Milan, le cui tensioni interne gli sarebbero di recente costate un pestaggio. Metodo punitivo, quest'ultimo, a dire il vero ben più abituale degli ultrà violenti rispetto alle pallottole in testa.

È appunto al traffico di cocaina che porta il nome della vittima di via Cadore, che compare spesso in ordinanze e informative. Anche recenti. Se ne legge ad esempio in un'ordinanza emessa nel maggio 2017 dal gip Carlo Ottone De Marchi su richiesta del pm Maurizio Ascione a carico di 70 persone. Anghinelli non è di queste, ma è tra le frequentazioni di uno degli esponenti dell'organizzazione. La quale era formata da italiani e sudamericani, guidata da un cubano e si occupava di importare grossi carichi di cocaina destinata a Milano dal Perù e dall'Olanda. Si parla di partite da 1-2 chili, con un grado di purezza che a volte supera il 90 per cento. Migliaia di dosi. È sempre la Mobile a fare le indagini, raccolte nelle operazioni «Rubens II» e «Gringo».

Nell'aprile del 2015 Anghinelli incontra Nicola La Valle, 49enne nato a Reggio Calabria e residente a Milano, che è sotto controllo. Proprio in quel periodo La Valle è in una fase cruciale del suo business. È uno dei contatti milanesi dei narcotrafficanti, fa da intermediario, acquista e rivende. Si prepara a fare il salto di qualità, ad avviare l'importazione in proprio di coca dall'estero. Insieme a un complice-socio è alla ricerca febbrile di liquidi e nei mesi di aprile e maggio vende lo stupefacente che già si è procurato a molti dei suoi conoscenti cittadini e calabresi. Verrà arrestato a settembre con addosso un panetto incellofanato. Questo chilo di roba stava riuscendo a piazzarlo a 40mila euro, ricavando finalmente un margine sufficiente ad avviare l'affare con l'Olanda.

Erano mesi che La Valle incontrava difficoltà a vendere a un buon prezzo: i suoi acquirenti trovavano la coca a 35mila al chilo. E a Milano in particolare le quotazioni erano basse e l'offerta molto ampia. Era fondamentale attivare tutti i canali: Anghinelli con il suo curriculum era di certo un nome utile.

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